Ad apertura della biografia tozziana c'è l'annotazione ortograficamente incerta e commovente che compare sulla copertina
di un vecchio almanacco senese, «Il Mangia» del 1883: «nascita del' mio figlio federigo». Un appunto
all'interno, scritto in corrispondenza del mese di gennaio e scritto così come poteva essere scritto da una donna semplice
e illetterata come Annunziata, la madre di Tozzi, fa eco e specifica, accrescendo la commozione in chi già sia minimamente
informato sulla vita dell'autore: «primo gennaio - 1 dell' detto mese nascita del' mio figlio federigo, figlio di federigo
tozzi 1883».
Federigo Tozzi nasce a Siena il 1° gennaio 1883. Il bambino è registrato all'anagrafe con i nomi di Federigo, Antonio e Settimio; il battesimo
officiato in San Giovanni il 3 gennaio aggiunge il nome di Maria. Il padre, Federigo Tozzi anch'egli, era nato a Pari l'8 febbraio 1846 da Luigi Tozzi
e Felice Minacci; figlio di fornai-contadini maremmani, si era inurbato con profitto in gioventù. Sguattero d'albergo, ben presto gestore della
trattoria «Il Sasso» all'Arco dei Rossi (di qui il soprannome Ghigo del Sasso con cui è conosciuto a Siena), aveva sposato a ventidue
anni Annunziata Automi, una «figlia di Spedale» nata a Siena l'11 gennaio 1849. Annunziata partecipa alla conduzione del centralissimo esercizio
che apre i suoi locali su Banchi di sopra, allora Via Cavour; lì accanto, sulla sinistra di Via dei Rossi, al primo piano, l'abitazione della
famiglia con camere riservate all'affitto per i clienti della trattoria. Di salute cagionevole, stremata da una serie di gravidanze e parti sfortunati,
la donna soffre di convulsioni. Quando Federigo viene alla luce, ultimogenito, non trova sopravvisssuta neppure Adalgisa, una bambina morta a poco più di
quattro anni.
Federigo vive la sua fanciullezza tra l'incomprensione del padre e l'affetto superstizioso ma poco incline alle tenerezze della madre, donna
di carattere mite, anch'essa vittima del dispotismo di Ghigo. Scontroso, «di aspetto non sano» (Emma Palagi Tozzzi), con un anno di ritardo
frequenta da alunno esterno le scuole elementari presso il vicino Seminario Arcivescovile di Piazza San Francesco, mostrandosi svogliato e indisciplinato.
Trascorre le vacanze estive in compagnia della madre a Castagneto, fuori Porta Camollia, in uno dei poderi di cui Ghigo del Sasso, arricchitosi, è diventato
padrone (è il letterarizzato Poggio a' Meli di Con gli occhi chiusi). Controvoglia è condotto regolarmente a messa dalla madre nella chiesa
di San Donato e a Provenzano; per prepararsi all prima comunione è mandato a dottrina. All'epoca della terza elementare rischia di morire di tifo.
Tra le primissime letture di Tozzi si ricordano una Beatrice Cenci illustrata e Nel paese delle pellicce di Verne.
Nello stesso collegio in cui ha frequentato le elementari intraprende gli studi ginnasiali, ma per aver dato scandalo con i suoi commenti
nel corso di una recita è allontanato a metà del terzo anno (1895). Per interessamento della madre, affinché possa conseguire da
privatista la licenza prende lezioni da un sacerdote. «Ricordo - scriverà l'autore - che mi sentivo quasi sempre male; avendo la febbre
quasi tutti i giorni. E il volto di quel prete mi era odiosissimo». La morte di Annunziata, sopraggiunta il 25 ottobre di quell'anno, decide del
progetto: valutato eccessivo il costo delle lezioni, Ghigo del Sasso le interrompe. Solo in seguito, assecondando una intravista disposizione al disegno
del ragazzo, dietro suggerimento di un cliente della trattoria lo iscrive all'Istituto di Belle Arti. La sospensione del 27 luglio 1897 pone fine anche
a questa esperienza scolastica. Passa alle Scuole Tecniche, dove studia per tre anni. Al secondo anno, a seguito di un ennesimo provvedimento disciplinare
a suo carico, si allontana da casa in compagnia di due amici: è riacciuffato a Certaldo. L'ultimo anno è animatore di un giornalino studentesco
cui affida alcuni componimenti in versi, «compresa una lunga poesia nella quale descrisse i tipi più in vista della scuola» (Paolo
Cesarini). Ancora frequenti gli episodi di cattiva condotta, tanto che, intenzionato a proseguire gli studi commerciali all'Istituto Tecnico, deve sostenere
l'esame d'ammissione ad Arezzo: lo supera. Durante la breve permanenza aretina, testimone uno degli amici di scuola partiti con lui da Siena il 29 giugno
1900, Federigo è protagonista di una gara di bordello, bravate studentesche, professioni di anarchismo e ampie bevute; ma assiste anche a una
rappresentazione teatrale di Ibsen e di ritorno a casa, capitato per un errore ferroviario a Orvieto, ne visita il celebre duomo e il museo (Giuseppe
Mazzoni).
Di lì a poco, probabilmente nel 1901, Tozzi conosce Domenico Giuliotti, a Siena per seguire i corsi di Giurisprudenza all'Università. Avendo
letto una sua lirica, Tozzi gli si è presentato spontaneamente come un artista inespresso, mortificato dall'ambiente cittadino in cui è costretto
a vivere. L'amicizia tra i due - Giuliotti è di sei anni maggiore - si consolida sui concetti di rivoluzione e di poesia. Dal 1898, del resto,
Tozzi ha preso a frequentare la Biblioteca Comunale di Siena, richiedendovi opere di De Amicis, Petrarca, Dall'Ongaro, Sterne, Foscolo, numeri della «Nuova
Antologia», una Histoire des plantes, una grammatica francese e un atlante geografico. Tra gli autori cui il giovane si accosta compaiono il Carducci,
Giacosa, Goethe, Ovidio, Dante, D'Annunzio, De Sanctis, Goldoni, Ferrari, Ibsen, Cossa, Fucini e Leopardi. Legge anche un'antica cronaca: La battaglia
di Montaperti.
Il 2 agosto 1900 il padre ha sposato in seconde nozze la senese Carlotta Granai, trentacinquenne che non gli darà figli, associata a lui nel lavoro
di trattoria e presto, al pari di Annunziata, moglie tradita anche tra le pareti domestiche. Mentre il giovane Federigo dimostra di avere dimestichezza
con le ragazze della Candida, Ghigo del Sasso, secondo le voci che circolano in città, dà sfogo al suo erotismo in una piccola pensione
in Via del Casato, presso il Tribunale. Risale a questi anni la dimestichezza del giovane Federigo con le ragazze della Candida del Rialto, ma anche
il suo innamoramento per una studentessa, Olga Luzzi: la relazione sentimentale si interrompe allorché Tozzi, nel corso di un litigio, schiaffeggia
la ragazza. All'epoca, Tozzi è anche un rissoso contradaiolo del Bruco, coinvolto negli entusiasmi e nelle zuffe del Palio.
Nel 1901 Tozzi studia in una scuola privata in vista dell'esame d'ammissione alla seconda classe dell'Istituto Tecnico che sosterrà a Firenze.
Assieme a Giuliotti e agli amici artisti Patrizio Fracassi, Federigo Joni ed Ezio Felici si rivolge alle idee del socialismo. Si iscrive al Partito Socialista
dei Lavoratori Italiani che a Siena fa capo all'ambiente dei ferrovieri e vi si impegna attivamente, tenendo comizi in provincia e fondando con Giuseppe
Mazzoni un circolo giovanile. Ha occasione di conoscere il Ferri. E' frattanto innamorato di Isola (la Ghìsola di Con gli occhi chiusi), una giovane,
sensuale contadina originaria di Radda in Chianti conosciuta da ragazzo a Castagneto, forse venuta a lavorare anche al Sasso e insidiata da Ghigo (Mazzoni),
poi passata a servizio a Bagno a Ripoli, presso Firenze. Nel 1902 frequenta l'Isituto Tecnico a Firenze. Segue per un periodo le lezioni, ma a metà dell'anno
scolastico torna a Siena. «Mi sentivo continuamente male - ricorderà -. Male d'esser solo, e più volte pensai di suicidarmi».
Respinto in italiano e in disegno, decide di non proseguire gli studi.
Risale al novembre 1902 l'inizio del rapporto epistolare con una sconosciuta Annalena, signorina senese che ha affidato la sua richiesta
anonima di corrispondenza alle inserzioni di un giornale, «La Tribuna». Dietro il nome fittizio di Annalena si cela Emma Palagi, la futura
moglie di Tozzi. Alla giovane rispondono anche gli amici di Tozzi: il Mazzoni, Wolfango Valsecchi e Arrigo Azzurrini, il barbiere socialista di Via dei
Rossi nella cui bottega è stato letto l'annuncio della «Tribuna». Di famiglia di origine fiorentina, nata a San Marino l'11 febbraio
1881, Emma vive con il padre Ferdinando, insegnante di chimica e fisica nei ginnasi, e con i fratelli. I pregiudizi della madre, Emilia Mariani, il suo
bisogno di aiuto in casa e la sua prematura scomparsa, avvenuta quando Emma aveva sedici anni, la hanno allontanata dagli studi al tempo della prima
complementare. La ragazza, tuttavia, non ha rinunciato a una propria crescita culturale, leggendo molto e studiando la lingua francese.
Tozzi vive allora a pensione nell'albergo dei Tre Re in Calzoleria, a seguito di un burrascoso scontro con il padre, che non condivide le
sue idee e i suoi comportamenti e ha per amante Rosina, una giovane cameriera: spadroneggiando, la donna è riuscita a condurre con sé nella
trattoria suoi parenti. Mantenuto dal padre, Tozzi ospita nella sua camera ai Tre Re il giovane attivista Silio Carpani, che gli propone attività di
propaganda politica in Umbria e nel Monferrato.
Rimanendo in incognito e tacendo dapprima dei suoi contrasti con il padre, Tozzi confida ad Annalena, non senza travestimenti letterari e
forzature, le sue convinzioni politiche e religiose (puntualmente contraddette dalla destinataria delle lettere), i suoi interessi culturali e artistici,
il tragico epilogo del suo amore per Isola, l'idealizzata Mimì pucciniana ritrovata a Firenze nel marzo del 1903 incinta di un altro uomo; le
confessa anche, complemento indispensabile della sua bohème, l'esistenza di «un pacco di manoscritti» e il proposito di comporre un'«operuccia
dramatica» di cui ha già individuato il soggetto (presumibilmente il dramma su Cecco Angiolieri testimoniato, come progetto, da Umberto
Giunti).
Alle letture e alle conoscenze culturali partecipate all'ignota e poi identificata Annalena (Max Nordau, Rostand, William James, Shakespeare,
Musset, Rousseau, Poe, Eschilo, Zola, Manzoni, Ferri, Marx, Engels, Tolstoj, Mirbeau, Carducci, D'Annunzio) si affiancono le coeve consultazioni alla
Biblioteca Comunale: Boccaccio e i classici della letteratura italiana, specie i più antichi; il Prati, Pascoli e Pratesi; Lamartine, Béranger,
Hugo, Bourget, Chénier, Mickiewicz; La paura del fisiologo Angelo Mosso, L'origine della specie di Darwin, Forza e materia di Ludwig Büchner,
gli Studi sul positivismo di Roberto Ardigò, L'uomo delinquente di Lombroso, testi di Proudhon; e ancora, con una disparità di orientamenti
tipica dell'autodidatta, gli Esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola e Omero, l'Histoire de la littérature anglaise di Taine e la Bibbia,
il manuale di geometria dell'Amiot e gli scritti d'arte del Venturi, molto Grand Larousse.
La relazione con Emma si fa più intima, ma poco dopo si interrompe. Suggestionato dalla lettura di Germinal di Zola, agli inizi di settembre del
1903 Tozzi visita assieme al pittore Umberto Giunti e allo scultore Riccardo De Ricco le miniere di rame di Boccheggiàno. In quei giorni di esaltazione
e di selvaggio imbarbarimento («Li trascorrevamo fra i boschi incignalandoci completamente, barbe ispide, vesti sdrucite, scarpe scalcagnate»,
ricorderà il Giunti), scrive prose e versi: i più antichi documenti propriamente letterari, protostorici, che di Federigo Tozzi si conservano.
L'anno dopo, nel 1904, Tozzi è affetto da una malattia venerea e quindi da una grave affezione patologica agli occhi che lo costringe per vari
mesi all'oscurità e all'isolamento.
Quando Tozzi è curato agli occhi all'ospedale di Santa Maria della Scala, la relazione con Emma riprende. Tozzi esce dalla malattia profondamente
mutato. Al graduale ripudio delle amicizie e degli entusiasmi politico-rivoluzionari fanno riscontro l'inquietudine religiosa e il programma di una più rigorosa
applicazione intellettuale. Frequenta assiduamente la Biblioteca Comunale. Le sue letture si intensificano e si organizzano secondo precisi filoni di
ricerca: Dante e gli antichi scrittori della nostra letteratura (con conoscenza di testi critici e di commento), i classici latini (prende lezioni di
latino dal prete che anni prima avrebbe dovuto prepararlo all'esame di licenza ginnasiale), i libri d'arte, persistenti interessi di tipo filosofico,
mistico-religioso e psicologico-scientifico. Anche la biblioteca personale dello scrittore, fatta in genere di edizioni popolari e libri usati, comincia
a prendere corpo.
Ostacolata dai parenti, la relazione sentimentale con Emma ha subìto frattanto un'ulteriore interruzione. Nel corso del 1906, per vari mesi, la
giovane vive a Roma, dove pionieristicamente, prima alla Clinica Scarpetta e poi al Nuovo Policlinico, fa parte di un gruppo di signorine «istruite» che
affiancano il personale religioso nell'assistenza ospedaliera. I rapporti di Tozzi con la famiglia (sostanzialmente con il padre) sono pessimi. Vive
isolato nella casa di Via dei Rossi, evitando qualsiasi occasione di incontro con i familiari, rifiutandosi persino di vedere l'uomo che dalla trattoria
gli porta i pasti in camera. La sua solitudine è totale: anche l'ambiente cittadino è avvertito ostile e persecutorio. Passa le sere d'inverno
con i contadini del podere, rincasando di notte. «L'autore - testimonierà la moglie - era in un momento di reale squilibrio molto somigliante
alla pazzia». Nel 1906 si riattivano i contatti con Emma.
Agli inizi del 1907 Emma è ancora a Roma, infermiera al Nuovo Policlinico, impegnata nella causa che Anna Celli, moglie del celebre malariologo
Angelo, sta portando avanti. Nell'ultima decade di gennaio Tozzi la raggiunge con la speranza, accresciuta da una raccomandazione, di poter trovare impiego
nella redazione di un giornale della capitale e garantirsi così una propria indipendenza economica. Come informano le lettere di Novale, ricorre
inizialmente per il suo sostentamento, così come ha fatto per il viaggio, agli aiuti della fidanzata. I primi soldi paterni giungono il 30 gennaio,
e il susssidio è riconfermato, nonostante le minacce e gli insulti, anche quando Ghigo del Sasso viene a sapere della presenza di Emma nella capitale.
Vive a pensione. Studia nella Biblioteca Vittorio Emanuele, cerca di dare lezioni private di italiano, progetta di tradurre La Cathédrale di Huysmans
e traduce La Princesse Maleine di Maeterlinck, confidando negli editori romani. La pubblicazione di un articolo di Emma dal titolo La donna infermiera
sulla rivista «Vita Femminile» suscita in lui sentimenti di gelosa disapprovazione.
Fallito il tentativo di emancipazione, ai primi di giugno Tozzi torna a Siena, obbedendo al padre. Al suo ritorno Ghigo si dimostra singolarmente
bendisposto e premuroso; pochi giorni dopo, però, le controversie e i dissidi tra i due riprendono con la consueta asprezza. Tozzi, che a spese
del padre vive adesso in una camera in Via del Refe Nero, si rivolge al Procuratore del Re esigendo di essere mantenuto ancora per tre mesi fuori di
Siena. Rimane e Siena e pensa di impiegarsi in Comune. Ai primi di luglio, risoltasi ad abbandonare il Policlinico e sposare Federigo (destinataria privilegiata
delle confidenze di Emma è l'amica Amalia Berrini, nel frattempo sposatasi), Emma torna a Siena, subito accolta da uno sfogo di gelosia del fidanzato.
All'ufficializzazione del loro rapporto, in attesa che Tozzi trovi un lavoro e che soprattutto chiarisca la propria posizione nei riguardi
del padre, si oppone il professor Ferdinando Palagi, padre di Emma; Ghigo del Sasso alterna come di solito condiscendenze ai desideri del figlio a violenti
contrasti. Il 22 luglio, di nuovo maltrattato e percosso, Tozzi si rivolge ancora al Procuratore del Re; quel giorno il padre lo fa richiamare dal Commissario
di Polizia. «E tu sai - scrive Tozzi a Emma l'indomani - che mio padre è minato da quella ragazza, da suoi zii, che vanno in casa sua, e
da suoi nonni che sono due vecchi invalidi, cui mio padre terrà di conto più che il figlio, finché vivranno. Sue parole».
In quei mesi Tozzi intrattiene con Emma una fitta corrispondenza, ed è a lei che dedica gli acquistati Principii di psicologia di William James,
il già elogiato autore degli Ideali della vita. Nell'intento di capirsi e di capire e come importante accredito al suo esercizio letterario, gli
interessi psicologici di Tozzi saranno destinati ad ampliarsi, con letture di altri testi di James, di Janet, Ribot, Compayré, Bergson, fino a
un compendio d'autore dei Tre saggi sulla sessualità di Freud presente in un libro di Löwenfeld.
Sfumata la possibilità di un impiego in Comune, si prepara a concorsi delle Poste e delle Ferrovie. Il 1° dicembre 1907 si presenta a un concorso
delle Poste a Firenze; il 27 e il 28 dello stesso mese, a Siena, concorre per un posto alle Ferrovie. Le prove sostenute hanno alla fine un esito positivo.
Il 1° marzo 1908 è assunto dalle Ferrovie dello Stato come aiuto-applicato; assegnato alla stazione di Pontedera, prende servizio il 5. E'
il periodo biografico che sarà artisticamente rivissuto in Ricordi di un impiegato.
Al lavoro intrapreso e alla prospettiva ormai imminente del matrimonio, Tozzi accompagna ormai un fiducioso impegno di scrittore: la fidanzata
già trascrive per lui alcune novelle, tra le quali Il musicomane, datata 25 febbraio 1908 e inviata assieme ad altre alla «Nuova Antologia» con
la speranza di riceverne almeno «una parola incoraggiante». Il 1° maggio, forse facilitato da un intervento di Ghigo, è trasferito
alla stazione centrale di Firenze, nell'ufficio dell'Archivio.
La data delle nozze con Emma è stata nel frattempo rinviata. L'infezione di cui il padre soffre in conseguenza di un incidente a un piede si aggrava.
Per l'interessato temporeggiare di Rosina (la futura Giulia del Podere) o per pura ignoranza di tutti, Tozzi è richiamato a Castagneto solo quando
il padre è in fin di vita. Secondo una testimonianza biografica riferita dal Mazzoni e solo di recente resa nota (Marco Marchi), Federigo avrebbe
violentemente aggredito il padre moribondo, prendendolo alla gola e «ingiungendogli di lasciare il patrimonio a lui che era il solo figlio legittimo».
Il 15 maggio 1908 Ghigo del Sasso muore senza lasciare alcuna disposizione testamentaria.
A Siena, in campagna
Erede del Sasso e dei poderi di Castagneto e Pecorile (una contaminazione dei due ambienti rurali darà luogo alla finzione
romanzesca della Casuccia del Podere), Tozzi si disfa in pochi giorni della trattoria paterna, svendendola. Decide di abbandonare
l'impiego alle Ferrovie e di andare a vivere con Emma in campagna. Con cerimonia civile e religiosa (quest'ultima celebrata
nella chiesa di San Quirico), il 30 maggio 1908 Federigo Tozzi «impiegato» e Emma Palagi «atta a casa» si
sposano. Quattro giorni dopo, di ritorno a Castagneto da un brevissimo viaggio di nozze a Rimini e forse a San Marino dove
Emma è nata, il 3 giugno Tozzi invia ad Adolfo Orvieto una novella con la speranza che essa venga pubblicata dal fiorentino «Il
Marzocco»: l'iniziativa ha esito negativo, come a suo tempo era accaduto con la «Nuova Antologia».
Cominciano le contestazioni relative all'eredità che forniranno spunto all'elaborazione creativa dell'atto unico L'eredità e del Podere.
Una serie di cause perdute, il pagamento di debiti veri o presunti lasciati dal padre e la cattiva amministrazione delle proprietà indurranno
lo scrittore a ricorrere a un mutuo ipotecario. A Castagneto assieme ai giovani sposi abita la matrigna Carlotta. Risale all'estate di quell'anno la
composizione del poema in prosa Paolo: finito il 9 luglio, il 9 del mese successivo il lavoro è corretto. In luglio la rivista «La Lettura» rifiuta
a Tozzi due novelle; ma l'autore si accinge a redigerne altre. In ottobre scrive Le sorelle e La sorella.
Il 4 agosto 1909 Tozzi diventa padre: nasce Glauco. Dopo la nascita del figlio riprende l'amicizia con Domenico Giuliotti. Greve, dove Giuliotti,
sposatosi nel 1905, risiede, diventa la meta privilegiata delle proverbiali gite in bicicletta dello scrittore: quasi settimanalmente i due amici si
incontrano. Ancora in bicicletta, non più tardi della primavera del 1909, Tozzi si è recato alla Capponcina per presentarsi a D'Annunzio,
ma per timidezza si è arrestato al cancello della villa. Ciclista infaticabile, seguendo quello che è un costume letterario dell'epoca,
con la sua bicicletta da corsa Tozzi sarà, da solo o in compagnia di altri, in Umbria, in Lazio, in Emilia, in Liguria. In ottobre, a Roma, si
accorda con Angelo Maria Tirabassi per scrivere in collaborazione la commedia La Pippa, tratta da una novella del Lasca. Il mese successivo, dopo che
Tozzi ha ultimato una prima stesura in prosa del testo, i due procedono alla versificazione in endecasillabi. Filippo Tommaso Marinetti gli ha frattanto
accettato quattro componimenti in versi per la sua rivista, ma «Poesia» sospende di lì a poco le pubblicazioni e i testi restano inediti.
Ancora, come autore di teatro, tra il 1908 e il 1910 scrive L'eredità, Le due sorelle, La famiglia e la novella drammatica Il ritorno.
Data al 1910 la conoscenza di Ugo Ojetti: Tozzi sottopone all'attenzione del critico il suo lavoro di scrittore. Incoraggiato nel corso di
una visita al Salviatino, in prospettiva di una progettata raccolta gli invia un primo gruppo di novelle (In campagna, La madre, Assunta, Il ritorno);
gli manda anche Primo amore, che secondo Orio Vergani, editore della lettera che accompagna l'invio, costituirebbe una prima stesura di Con gli occhi
chiusi. Sulla rivista luganese di Paolo Orano «Pagine Libere» escono i primi scritti di Tozzi: la lirica A Roma (n. 14-15, 15 luglio-1° agosto
1910) e il racconto lungo In campagna (n. 18-19, 15 settembre- 1° ottobre 1910): quest'ultimo è dedicato a Francis Jammes, poeta di cui Tozzi
ha tradotto alcune liriche. Tra le novelle di questo periodo si ricordano inoltre Lettera e Ozio. Scrive il romanzo Adele. Un testo dal titolo Ricordi
di un impiegato - allora non più di un racconto in chiave diaristica, in seguito ampliato e soggetto a rielaborazioni profonde - è rifiutato
nel settembre del 1911 dalla «Lettura».
Tra il 1911 e il '12, assieme a Domenico Giuliotti e Ferdinando Paolieri, Tozzi collabora a «L'Eroica», la rivista di Ettore Cozzani e Franco
Oliva riccamente edita a La Spezia a partire dal 30 luglio 1911. Con Giuliotti è invitato a far parte del comitato di direzione della rivista.
In essa («ultimo rifugio dei peccatori dannunziani», secondo l'efficace definizione di Giacomo Debenedetti) pubblica la novella Tregua, alcuni
aforismi di Barche capovolte, la prosa sulla guerra di Libia Marzo e due liriche. Nell'autunno del 1911 esce presso l'editore Puccini di Ancona il primo
libro di Federigo Tozzi, la raccolta poetica La zampogna verde. Stampata a spese dell'autore, l'opera passa pressoché inosservata.
Per dissensi intervenuti con Cozzani (a poco valgono in quella circostanza i consigli e i rimproveri di Giuliotti), nella primavera del '12
Tozzi abbandona «L'Eroica» . In estate conosce il marchese Piero Misciattelli, l'autore dei Mistici senesi, curatore per le edizioni senesi
Giuntini-Bentivoglio di una collana di storia e letteratura locale. L'incontro con Misciattelli, che alterna alla residenza romana i soggiorni nella
villa di Marciano, si rivelerà fruttuoso anche sul piano strettamente editoriale: presso Giuntini-Bentivoglio, per le cure di Tozzi e in accordo
con gli interessi culturali condivisi con Misciattelli, usciranno una Antologia d'antichi scrittori senesi e Mascherate e strambotti della Congrega dei
Rozzi di Siena (rispettivamente 1913 e 1915). I rapporti con Angelo Maria Tirabassi si sono nel frattempo deteriorati. Pentitosi della collaborazione
teatrale inaugurata tre anni prima, Tozzi si accorda presso la Società degli Autori di Milano circa La Vergine del Mugello, nuova redazione della
Pippa cui è interessata la compagnia Zannini: il testo recherà la paternità ufficiale del solo Tirabassi, ma i diritti delle eventuali
rappresentazioni saranno equamente divisi tra i due autori.
Il mondo della capitale, che nelle figure di Tirabassi e di Misciattelli fa sentire il suo fascino, rimane il momento lontano. Le amicizie
culturali più consuete che gravitano attorno a Castagneto sono soprattutto «alcune signore opime del lirismo seminato da D'Annunzio fra
le donne come moda inevitabile» (Paolo Cesarini): tra esse, tutte senesi, Bruna Guarducci, Vittoria Gazzei, Anita Ranieri, Lina Tamburini, la musicista
Luigia Cellesi. Su «Primavera Italica», del resto, un quindicinale per ragazzi redatto da ferventi signore monarchiche e nazionaliste, anche
Emma ha pubblicato nel novembre del 1911 un suo racconto a sfondo autobiografico: Micò.
Nei giorni 28 e 29 dicembre 1912, a Castagneto, Tozzi, Giuliotti e Ferdinando Paolieri si incontrano con i Giorgiani di Bologna: è il «convegno
del focolare». Nel corso del '13 i tre toscani collaborano al bolognese «San Giorgio», modesto «giornale dei nuovi romantici» promosso
da Eugenio Giovannetti e Timoteo Solaroli; su di esso, nel numero di maggio-luglio, Tozzi pubblica tra l'altro la prosa La mia conversione. Ancora nel
1913 escono l'Antologia d'antichi scrittori e in marzo, a Genova (ma stampato a Modena), per i tipi di Angelo Fortunato Formìggini e con xilografie
di Gino Barbieri e Ferruccio Pasqui, il medievalistico poema in versi dedicato a Siena La città della Vergine.
E' un anno, il 1913, particolarmente importante e ricco di fatti per la biografia tozziana. Tramite il critico d'arte Louis Gielly, frequentatore
della libreria Torrini di Siena e futuro autore dell'opera L'Ame Siennoise (è il Nizard rievocato in Tre croci), Tozzi conosce lo scrittore danese
Johannes Joergensen e Louis Le Cardonnel. In agosto, dopo alcuni contatti epistolari, incontra a Cornigliano Ligure il critico di origine siciliana Giuseppe
Antonio Borgese, destinato a diventare suo massimo patrono letterario e artefice primo della sua fortuna di scrittore. Ma Tozzi non si dimentica dei
vecchi amici: nel decennale della scomparsa dello scultore Patrizio Fracassi, pubblica articoli commemorativi sulla «Vedetta Senese» e sulla «Gazzetta
di Siena».
Alla fine dell'anno, assieme a Giuliotti fonda e dirige «La Torre», «organo della reazione spirituale italiana». Il giornale,
quindicinale, è stampato a Siena ed ha per indirizzo l'indirizzo di Tozzi: «Fuori Porta Camollia». Il primo numero esce il 6 novembre
1913. L'editoriale di apertura, redatto da Giuliotti e preventivamente sottoposto alla revisione del condirettore, è un programma che non lascia
adito a dubbi: «Mentre LA TORRE (simbolo di potenza, di regalità e di drittura) si eleva giudicatrice e punitrice, sull'imbestiamento del
secolo, noi, che in pieno contagio futuristico abbiamo avuto l'animo d'inalzarla, ci professiamo, a scandalo degli stolti, reazionari e cattolici. Reazionari,
invochiamo e propugnamo a viso aperto, contro i figuri demagogici, la necessità del boia; cattolici, mentre le monarchie vacillano, difendiamo
la Chiesa. Perciò la nostra fede non è un inginocchiatoio, ma un coltello. [...] Combatteremo con lo scherno, con l'invettiva, con la caricatura
feroce, coi denti. Sopra ogni modernistico edificio di capecchio, rovesceremo fiamma. (Avvertiamo che nella parola Modernismo, sono comprese tutte le
odierne manifestazioni eterodosse, dalle fringuellaie femministe all'attentato anarchico). Combatteremo i re che non son re, i preti che non son preti,
i magistrati che fanno mercimonio della giustizia, e tutti quegli innumerevoli e stomachevoli servi che, strappatasi la livrea, sono più servi».
Oltre a pubblicare sulla «Torre» articoli e trafiletti anonimi di polemica preminentemente letteraria (ad esempio I due - Gozzano e Amalia
Guglielminetti - e Dopo Carducci, rispettivamente 6-21 novembre 1913 e 1° gennaio 1914), Tozzi è estremamente attivo nel lavoro redazionale
e di distribuzione della rivista. Fin dai suoi primi numeri «La Torre», periodico di stampo forcaiolo e sanfedista, suscita dure polemiche:
l'attaccano, da posizioni diverse e con diversi argomenti, «L'Unità Cattolica», «La Voce» e «Lacerba»; anche
il Santo Uffizio se ne occuperà con molta diffidenza. A Firenze, al celebre caffè delle Giubbe Rosse, Tozzi ha uno scontro con Papini.
Nel dicembre 1913 lo scrittore ripassa con Emma il romanzo che in seguito si chiamerà Con gli occhi chiusi. Apprende frattanto delle buone accoglienze
di pubblico e di critica riscosse dalla Vergine dell'Antella, opera del Tirabassi e di Nino Ilari. Il teatro, anche per le sollecitazioni di tipo pratico
che provengono e proverranno da Emma, rimane un chiodo fisso di Federigo. Impegnatosi con il capocomico fiorentino Andrea Niccòli, scrive agli
inizi del 1914 la commedia in un atto L'uva. Ospite pagante è a Castagneto in quei giorni Loius Le Cardonnel, collaboratore della «Torre».
In febbraio, in disaccordo con Giuliotti circa la prospettata nuova conduzione della rivista, Tozzi lascia «La Torre» che sta morendo per
mancanza di fondi; lo seguono Joergensen, Le Cardonnel e Paolieri. Quando per iniziativa di Giuliotti, dopo tre mesi di silenzio, «La Torre» registrerà una
breve ripresa (due numeri stampati a Firenze), in una lettera aperta pubblicata sulla «Vedetta Senese» Tozzi preciserà la sua disappartenenza
a un giornale che «materialmente e moralmente ha ceduto ad altri».
Ma non solo «La Torre» versa in gravi condizioni finanziarie. Per rimediare alla difficile situazione economica venutasi a creare a Castagneto
e per imporsi come scrittore, Tozzi decide di trasferirsi a Roma, dove tra l'altro, tra marzo e aprile, gli si prospetta la possibilità di collaborazioni
teatrali con Tirabassi (stesure sceneggiate da novelle del Doni e del Sermini) e di una rappresentazione del suo più recente lavoro drammaturgico,
L'uva, al Teatro Metastasio.. Nella capitale, inoltre, vive adesso una giovane conosciuta a Siena (Olimpia Manfredonia, la Margherita di In campagna)
da cui lo scrittore è fortemente attratto.
I rapporti di lavoro con Tirabassi, fiduciosamente ripresi sotto il segno dell'ottimismo e della cordialità, si deteriorano di nuovo. Ma a maggio,
venduto il podere di Pecorile, Tozzi è a Roma; vive a retta in Via della Scrofa. Vi resta sino alla fine di luglio. Scrive in quel periodo le
novelle La fame, La scuola d'anatomia, L'adultera. In una lettera a Joergensen accenna all'eventualità di trasferirsi all'estero «se la
guerra scoppiasse europea». Passa l'agosto al mare a Cattolica (precisamente a Gabicce per Tavollo, dove il suocero Ferdinando Palagi ha preso
in affitto una casa) in compagnia di Emma e Glauco: qui scrive La paura degli altri. Si profila l'idea del trasferimento dell'intera famiglia a Roma.
Affittate le terre di Castagneto (il contratto di locazione è in data 4 ottobre 1914), in autunno i Tozzi si stabiliscono a Roma, prendendo dimora
in una modesta dipendenza di Villa Sbricoli in Vicolo Parioli 6.
A Castagneto, dove Emma e Glauco torneranno abitualmente a trascorrere le vacanze estive, resta soltanto la matrigna Carlotta (la Marietta
dell'Eredità, la Luigia del Podere). Parte per la capitale anche la cagnetta dello scrittore: Tozzi la chiama Mimì, in ricordo di Isola.
Roma, la guerra, la società letteraria
Alla residenza romana di Tozzi fa riscontro, fin dagli inizi, l'intensificarsi della sua attività letteraria: c'è da
rincorrere la notorietà, e c'è da esorcizzare - specie ora che tutta la famiglia si è stabilita nella
capitale - l'esempio del pittore Armando Spadini, amico di lunga data dello scrittore che vive in miseria nei pressi di Vicolo
Parioli. In quel periodo Tozzi frequenta assiduamente anche il pittore Carlo Socrate.
Tra l'ottobre e il novembre del 1914 Tozzi scrive le novelle Un'osteria, Un idiota, Una visita, Il racconto di un gallo, Un epilettico, Fratello
e sorella, Una polmonite, la bellissima Lo zio povero. Tenta soprattutto - ne accenna in una lettera ad Ugo Ojetti - di entrare nella redazione di un
giornale, presumibilmente il «Giornale d'Italia» in cui lavora Bellonci. Sul «Piccolo» del «Giornale d'Italia» pubblica
Una famiglia, I piccioni, A capodanno. Con la poesia Sotto la morte, all'inizio del 1915 partecipa al numero unico del «Giornale d'Italia» stampato
a beneficio della Croce Rossa.
Mentre per i tipi di Giuntini-Bentivoglio escono a Siena Mascherate e strambotti della Congrega dei Rozzi di Siena, lo scrittore prende contatto
con l'ambiente letterario, artistico e teatrale della Roma del tempo. Frequenta Grazia Deledda, Goffredo Bellonci, Sibilla Aleramo, Marino Moretti, Annibale
Ninchi, lo scultore faentino Ercole Drei, Cipriano E. Oppo, Luigi Antonelli, il marchese Misciattelli, gli artisti Paola Pogliani e Ferruccio Pasqui
(già xilografo della Città della Vergine), il compaesano di Giuliotti Raffaello Ferruzzi. Il 3 febbraio 1915 Tozzi ha spedito a Milano
a Mario Puccini (il figlio di Giovanni, l'editore della Zampogna verde) il testo del romanzo che si intitolerà Con gli occhi chiusi. Il conflitto
europeo e l'incerta situazione venutasi a creare sconsigliano Puccini e il suo socio Gaetano Facchi a stampare l'opera, nonostante Borgese sia intervenuto
a sostegno di Tozzi. Il romanzo resta per il momento inedito, ma le pubblicazioni in rivista dello scrittore continuano: nel numero di marzo-aprile della «Grande
Illustrazione» di Cascella appare Una sbornia; il necrologio di Renato Serra pubblicato dall'«Idea Nazionale» del 30 luglio 1915 reca
la firma di Federigo Tozzi.
Con l'entrata in guerra dell'Italia, per interessamento di amici Tozzi è arruolato nella Croce Rossa Italiana: il 30 agosto, con il grado di caporale,
prende servizio presso l'Ufficio Centrale Stampa di Via delle Tre Cannelle 15. Tra i colleghi di lavoro che sperimenteranno l'intrattabilità del
carattere di Tozzi c'è il caporale Marino Moretti, che in un'occasione arriverà a proporre allo scrittore senese di «eliminare la
letteratura in ufficio e fuori» e di limitarsi strettamente ai «soli rapporti d'ufficio»; a più riprese, tuttavia, Tozzi si
occuperà pubblicamente dell'opera dell'amico, recensendone libri. In quell'ufficio Tozzi incontra, in visita da Moretti, Nicola Moscardelli, Pietro
Pancrazi e Giovanni Titta Rosa.
Nell'autunno del 1915 la famiglia Tozzi si trasferisce in Via Clitumno 12. L'innamoramento per Olimpia Manfredonia giunge a compromettere
i rapporti dello scrittore con Emma. Amareggiato e confuso, in novembre Tozzi comunica del suo dolore a Giuliotti, invocandone l'aiuto: «Se tu
mi sapessi moribondo - gli scrive -, verresti a trovarmi? Lo spero. Ebbene tu dovresti venire a trovarmi; perché io soffro tanto; e non è isterismo
né letteratura. Io soffro tanto, in modo vertiginoso. [...] Io imparo quel che vuol dire un coltello nell'anima. [...] tu solo potresti trovarmi
una via d'escita. [...] Ho pianto più d'una volta anche in istrada; anche in chiesa: da dove son dovuto escire quasi fuggendo». Il mese
dopo, il 2 dicembre, Tozzi firma a Roma un contratto per la pubblicazione di Bestie (raccolta di prose di cui sono apparsi anticipi nella «Grande
Illustrazione») con l'editore G. Ugo Nalato, poi noto come scrittore con lo pseudonimo di Gian Dàuli, accollandosi le spese di stampa del
libro. Appresa la notizia del suicidio del libraio-antiquario Giulio Torrini (il futuro Giulio Gambi di Tre croci), il 28 dicembre pubblica sulla «Vedetta
Senese» un ricordo dell'amico.
Pur mantenendo frequentissimi contatti epistolari con il marito, tra la primavera e l'estate del '16 Emma Tozzi vive con il figlio separata
da lui. Nelle lettere che in quel periodo i due si scambiano ricorre anche il problema editoriale di Bestie. Considerate le difficoltà che Nalato
incontra nella pubblicazione dell'opera e già in vista di condizioni decisamente più vantaggiose, Tozzi ottiene in aprile la restituzione
del testo. Per interessamento di Borgese, l'opera giunge negli uffici dei Fratelli Treves, prestigiosa casa editrice dell'epoca, ed è alla fine
accettata per la pubblicazione.
Partecipa con lo scritto L'anima e la guerra al numero unico La patria ai suoi figli promosso dal collega d'ufficio Guido Guida; in maggio
ha scritto a Papini per conto dell'amico, invitandolo a partecipare alla pubblicazione assieme a Soffici, Prezzolini e Govoni. Continua intanto la vasta
collaborazione alla stampa periodica. Nel numero di maggio-giugno della «Ruota», rivista romana per la gioventù redatta da Anton Giulio
Bragaglia, Tozzi pubblica la novella Ringraziando le rondini; il 25 luglio scrive La vera morte e il mese successivo Parole di un morto. Tra ottobre
e dicembre appaiono sulla rivista di guerra di Salvatore Lauro «Il Soldato» Il ritorno di Nando e le sue conseguenze, Il maresciallo Del
Grullo, Il porco di Natale; il 19 novembre, in ufficio, scrive Il temporale e in dicembre Una giovinetta. Particolarmente fervida anche l'attività dell'
articolista, quasi esclusivamente di carattere letterario, la cui firma compare in «Aprutium» (Psicologia della guerra), «Sapientia» (Per
l'arte di Grazia Deledda e Il binomio Gozzano-Moretti e il «Giardino dei frutti») e «Cronache d'attualità» (Le ciancie
colla critica, Spunti su una lirica attuale, «La guerra delle idee» di G.A. Borgese, rispettivamente in giugno, luglio e gaosto). In autunno
la famiglia Tozzi torna a riunirsi e va ad abitare in Via del Gesù 62, nel centro storico di Roma, in un piccolo quartiere al terzo piano di Palazzo
Guglielmi.
Per conto della Croce Rossa agli inizi del 1917 compie un viaggio nel sud dell'Italia, toccando Napoli, Reggio, Palermo, Catania, Messina,
Gallipoli, Brindisi e Bari. A Catania incontra Giuseppe Villaroel, con il quale è già in contatto epistolare. Con Villaroel si reca alla
casa di Verga, ma non può conoscere lo scrittore. Il 26 marzo è a Milano per firmare con Treves il contratto di pubblicazione di Bestie;
in maggio è di passaggio a Siena. Tra giugno e luglio lavora all'antologia dalle Lettere di Santa Caterina da Siena Le cose più belle per
la collezione «Scrittori Nostri» di Carabba diretta da Papini. A fine agosto, fattosi dare un incarico per servizio alla Croce Rossa, è di
nuovo a Milano per seguire l'edizione di Bestie. Il libro esce ad ottobre ed è recensito tra gli altri da Pietro Pancrazi, Antonio Baldini e Mario
Puccini. «Per mezzo di Bestie - dichiara Tozzi in una sorta di autorecensione apparsa sull'«Italia che scrive» di Formìggini
- io ho inteso di dare un libro sinteticamente lirico, con uno stile capace di definire il valore schietto d'ogni vocabolo adoprato; anche per allontanarmi
da quella deplorevole sciatteria e incompetenza che non fa onore almeno ai nove decimi degli scrittori odierni. E ho cambiato la solità mentalità,
con la quale ora sono concepite parecchie cose della nostra letteratura».
In ottobre scrive le novelle Il marito, Anima giovanile, La festa di ballo; in novembre L'amore di Lellino (allora Marito e moglie). Rispondendo
a una richiesta di Antonio Beltramelli, in dicembre compone tre brevi atti unici di propaganda patriottica per la «Società del Teatro ambulante
di guerra»: L'amico, La bandiera (in vernacolo fiorentino) e I due figli; a fine mese scrive la novella Nina. Nel corso del '17 «L'Illustrazione
Italiana», rivista di Treves, gli pubblica Pigionali e Il vino; su «Il Tempo», il quotidiano romano diretto da Filippo Naldi, appare
La matta. A complemento di Bestie, sull' «Italia che scrive» annuncia Cose e Persone.
Nel 1918, per volere di Luigi Pirandello che da maggio è alla guida dell'inaugurato supplemento letterario settimanale del «Messaggero»,
lavora assieme a Rosso di San Secondo nella redazione del «Messaggero della Domenica». E' ancora Pirandello a sostenere assieme a Borgese
la pubblicazione di Con gli occhi chiusi presso Treves, intervenendo personalmente presso Giovanni Beltrami, direttore della casa, che si impegna a pubblicare
il libro. Un articolo negativo di Tozzi sulla dannunziana Beffa di Buccari apparso nel «Tempo» del 30 aprile (ma conosciuto da Beltrami solo
ai primi di agosto) ritarderà la pubblicazione del romanzo che adesso, per decisione dell'autore, muta il precedente titolo Ghìsola in
Con gli occhi chiusi. L'incidente con Treves, editore di D'Annunzio, pregiudicherà inoltre, momentaneamente, l'intrapresa collaborazione novellistica
dello scrittore all'«Illustrazione Italiana». Incontra Trilussa. Conosce Orio Vergani e, diventatone amico, ne patrocina l'assunzione al «Messaggero
della Domenica». Il giovane è testimone dei burrascosi rapporti che intercorrono fra Tozzi e Rosso di San Secondo (ma di Rosso - forse il
Papagli della novella I nemici - Tozzi ha recensito La fuga e Marionette, che passione!) e sa della relazione dell'amico con una straniera di origine
slava stabilitasi a Roma a seguito della guerra.
E' ai primi di luglio del 1918 che l'autore riprende a lavorare a un romanzo già iniziato nel '15, con il proposito di svilupparlo e di completarlo. «Frugando
nella valigia - scrive alla moglie il 4 luglio -, ho tirato fuori quel romanzo cominciato; lo lessi tutto d'un fiato. E non ci ho trovato niente da cambiare.
Ed è bellissimo. Ci sono cose viste in un modo che forse non vedo più. Perciò ho deciso, con la frenesia che ho di lavorare, di
finirlo ». Il 24 dello stesso mese la stesura del Podere può dirsi conclusa, anche se l'autore si ripromette un arricchimento di particolari
non appena potrà riprendere contatto con i luoghi senesi che fanno da sfondo al romanzo; per una sua pubblicazione, Pirandello interverrà presso
la «Nuova Antologia».
Proprio durante questo soggiorno senese, Tozzi apprende da un conoscente della morte dell'ultimo dei fratelli Torrini, gestori della libreria
moderna e antiquaria di Via Cavour. La notizia e la rievocazione delle peripezie dei tre fratelli suggestionano fortemente lo scrittore che, una volta
tornato a Roma, dal 25 ottobre al 9 novembre scrive Tre croci, non rinunciando tuttavia, neppure in questa circostanza, a travasare autobiograficamente
parte di se stesso in situazioni e personaggi delle vicende narrate (si pensi alla figura protagonistica di Giulio Gambi, cristologicamente assimilato
e reso assimilabile fin dall'articolo in memoria del suicida Giulio Torrini apparso nel '15 sulla «Vedetta Senese»). Riprende pure pagine
scritte nell'agosto e nel settembre del 1917, primo nucleo del romanzo Gli egoisti: il personaggio di Albertina, qui, adombrerà la straniera subentrata
a Olimpia Manfredonia con cui Tozzi intrattiene una relazione sentimentale. Analogamente i personaggi che ruotano attorno a Dario Gavinai rivelano precisi
riscontri biografici: il Carraresi è Giuliotti, il Giachi Raffello Ferruzzi, il Papi Orio Vergani.
Nel corso dell'anno novelle di Tozzi appaiono su «Il Tempo» (Un giovane, 6 aprile), «Noi e il mondo» (Miseria, allora Miseria
provinciale, giugno), «Il Messaggero della Domenica» (La casa venduta, 20 giugno; Creature vili, 1° dicembre), «Nuova Antologia» (Pittori,
allora Tre giovani, 16 agosto), «In penombra» (Una recita cinematografica, novembre). Ancora sul «Messaggero della Domenica» appaiono
suoi articoli di carattere critico: molto importanti San Bernardino da Siena e Giovanni Verga e noi (rispettivamente 5 ottobre e 17 novembre). A fine
anno, con notevole ritardo, esce l'antologia cateriniana Le cose più belle. Risalgono al 1918 lo scenario della fiaba Le avventure di Capino,
operina per marionette pensata per il famoso «Teatro dei Piccoli» di Vittorio Podrecca e, presumibilmente, l'inizio della stesura del dramma
in tre atti L'incalco, opera in cui Tozzi, nelle vesti di Virgilio Poggi, torna ad affrontare il problema dei rapporti con il padre e con la sua memoria
di padre scomparso.
Tozzi fa ormai parte di una società letteraria e il suo lavoro si adegua ai ritmi che essa richiede. Nel 1919, il 15 gennaio, appare sulla «Rassegna
Italiana» il saggio di Tozzi Luigi Pirandello; il 26 dello stesso mese, sul «Messaggero della Domenica», la straordinaria novella Il
crocifisso. Sergente maggiore, il 3 febbraio Tozzi è smobilitato dalla Croce Rossa Italiana. Il 20 firma finalmente un regolare contratto con
Treves per la pubblicazione di Con gli occhi chiusi. Il libro, uscito ai primi di aprile, richiama l'attenzione di Salvator Gotta, Nino Savarese, Aurelio
E. Saffi, Ada Negri, Pietro Pancrazi e Giuseppe Prezzolini; anche Pirandello, con tempestività e acutezza, recensisce il romanzo sul «Messaggero
della Domenica» del 13 aprile.
In primavera si reca a Siena in compagnia di Vergani. Continua a lavorare al «Messaggero della Domenica» e a collaborare alla terza pagina
del quotidiano «Il Tempo». Già ampie negli anni precedenti, le collaborazioni di Tozzi a giornali e riviste si intensificano ulteriormente:
tra il 1919 e i primi mesi del 1920 «la sua firma va su Noi e il mondo (rivista del quotidiano La Tribuna), sull'Idea nazionale di Enrico Corradini,
Gotta gli chiede una novella «morigerata e mondanuccia» per la lussuosa rivista femminile Lidel, Giuseppe Lipparini lo cerca per Il progresso
di Bologna e nella stessa città Alvaro lo introduce al Resto del Carlino, Villaroel gli pubblica spesso sul Giornale dell'Isola letterario, A.G.
Bragaglia lo ospita nelle Cronache d'attualità [...]. Lo troviamo ancora su Giovinezza, Il primato artistico italiano, L'illustrazione di Roma,
Il Convegno, La Rassegna italiana, L'Orma, La donna, Le novità» (Paolo Cesarini). Con novelle, collabora anche all'«Illustrazione
Italiana« (La gallina disfattista, 19 gennaio), alla «Rivista d'Italia» redatta da Michele Saponaro (La sementa, 30 giugno), al nuovo
periodico di Mario Mariani «Novella» (Il morto in forno e Gli orologi, rispettivamente 25 luglio e 25 ottobre), al «Mondo» di
Enrico Somaré (La capanna, 28 dicembre); sulla «Rivista di Milano» esce un articolo di Tozzi in memoria di Roberto Sarfatti, il figlio
morto in guerra di Margherita Sarfatti (5 maggio). Ciò nonostante la «Nuova Antologia», pur pubblicandogli la novella L'ombra della
giovinezza (16 luglio-16 settembre), gli rifiuta - secondo una testimonianza di Emma Tozzi - Tre croci.
A seguito di un protratto sciopero dei tipografi, nell'estate del 1919 «Il Messaggero della Domenica» cessa le sue pubblicazioni. Accantonati
precedenti progetti di collaborazione teatrale con il giovane Vergani (estate 1918), Tozzi riprende la commedia Le due mogli, tratta da una novella del
Decamerone, scritta anni prima (probabilmente alla fine del '16) per Andrea Niccòli. Il lavoro, messo in scena dalla compagnia di Alda Borelli-Bertramo
debutta con successo al Politeama Duca di Genova di La Spezia il 15 settembre, viene replicata a Firenze e altrove, ma ai Filodrammatici di Milano, il
16 dicembre, il fiasco è clamoroso, tanto che in una lettera apparsa sul «Corriere della Sera» del 25 dicembre 1919 Tozzi stesso è costretto
a dirsi d'accordo con il giudizio del pubblico e della critica. Anche l'annunciata pubblicazione del testo in «Comoedia» è annullata.
Incoraggiamenti a persistere nel lavoro per il teatro giungono invece da Dario Niccodemi.
Accogliendo l'invito di Margherita Sarfatti a collaborare con il gruppo giornalistico del «Popolo d'Italia», il 2 settembre invia ad «Ardita» la
novella La cognata, che viene pubblicata nel fascicolo del 15 novembre. Per conto della casa editrice milanese Vitagliano, ancora agli inizi di settembre,
Enrico Cavacchioli tenta di assicurarsi un nuovo romanzo di Tozzi e invita l'autore a partecipare dietro compenso alla pubblicazione popolare a formula
monografica «Raccontanovelle». Rispettando le condizioni della richiesta, lo scrittore gli invia quattro novelle già edite in rivista
(Il vino - da cui prende il titolo l'intero fascicolo - La gallina disfattista, Elìa e Vannina e La mia amicizia), aggiungendovi in seguito la
narrazione autobiografica poi nota come Campagna romana.
Nel numero di agosto-ottobre dell'«Italia che scrive» collabora alla rubrica Confidenze degli autori, sostenendo l'assoluta originalità di
Con gli occhi chiusi nel panorama del romanzo italiano contemporaneo: «A qualcuno - afferma - il mio primo romanzo Con gli occhi chiusi non è parso
un romanzo; perché io invece di fare molto agevolmente l'istrione, menando i miei personaggi per quelle fila che sono reputate indispensabili
a un buon romanziere, voglio lasciare inalterati, così come sono e si presentano in una qualunque porzione di realtà guardata, tutti gli
elementi della vita. E il mio romanzo Con gli occhi chiusi ne è il primo caso inventato da me in Italia; senza avere avuto bisogno di imparare
niente dagli stranieri. [...] E sostengo, sicuro di avere ottimamente ragione, che il nuovo romanzo, per staccarsi dai troppo giustamente sospetti stampi
tradizionali, che non possono né meno avvicinarsi a un concetto lirico della prosa, deve essere fatto così; e i lettori vi troveranno sugo
appena avranno capito di quel che si tratta». Annuncia inoltre la pubblicazione di Tre croci. Per questo libro, abbandonato il progetto di un passaggio
all'editore fiorentino Bemporad (intermediaria la scrittrice e poetessa Térésah, al secolo Corinna Teresa Gray-Ubertis, consigliere avveduto
Giuseppe Antonio Borgese), Tozzi firma il 7 dicembre il contratto con Treves. Il contratto riguarda congiuntamente anche la raccolta di novelle Giovani,
opera per la quale c'è già dall'inizio dell'anno un impegno formale di pubblicazione da parte dell'editore. In novembre, in occasione di
una mostra di Lorenzo Viani alla Casa d'Arte Bragaglia di Via Condotti, rivede il pittore viareggino conosciuto a Firenze molti anni prima. Recensisce
la mostra nella «Nuova Antologia» del 16 novembre.
Siamo all'ultimo anno della biografia tozziana. Agli inizi del 1920 Tozzi è a Castagneto per dedicarsi alla revisione degli Egoisti. Durante il
breve soggiorno, presso il vicino convento dei Cappuccini ha occasione di incontrarsi ancora una volta con il Padre Romualdo Bizzarri, uomo di vasta
cultura filosofica da lungo tempo conosciuto e stimato. Ha un colloquio con lui. Le esortazioni alla «vita nuova» che provengono dal frate
si specificano anche in una lunga lettera. In febbraio, viaggiando in automobile in compagnia di Dario Niccodemi, Tozzi va a Milano, dove Giovanni Beltrami,
direttore della casa, gli consegna una copia fresca di stampa di Tre croci; l'opera, dedicata a Luigi Pirandello, è valutata subito da Borgese
in termini di capolavoro. Tornato a Roma, corregge le bozze di stampa di parte del Podere, romanzo che uscirà a puntate, postumo, su «Noi
e il mondo» e quindi in volume, per i tipi di Treves, nel 1921. Ha ripreso inoltre Ricordi di un impiegato, con l'intenzione di affidarne la pubblicazione
alla «Rivista letteraria».
Sull'«Idea Nazionale» del 5 marzo 1920, con il titolo Fra' Camillo Coppini, esce la seconda parte di Campagna romana. Cominciano intanto
a pervenire gli apprezzamenti di molti letterati per Tre croci; solo Giuliotti, con amichevole franchezza, scrive di aver trovato il romanzo nel suo
complesso «infinitamente inferiore a Con gli occhi chiusi». Da un successo del libro Tozzi spera di poter ricavare una motocicletta.
Il 7 marzo Tozzi è colpito da una polmonite. Assistito dalla moglie, dalla matrigna accorsa da Siena e dagli amici (tra essi, solidali anche nelle
difficoltà economiche, Alberto Pincherle, il futuro noto storico del cristianesimo, e Filippo Anfuso) muore all'alba del 21 marzo. Nella bara,
a fianco del defunto, è sistemato un volume di Tre croci. Prima di morire lo scrittore ha affidato a Borgese la pubblicazione dei suoi scritti.
Il rito funebre è celebrato nella chiesa della Minerva; vi partecipano tra gli altri Panzini e Moscardelli. Accompagnato da Vergani e Anfuso,
il 24 marzo il feretro parte per Siena. Quando il treno arriva, il vagone che trasporta la bara non c'è: per un errore è finito in deposito
a Chiusi. La piccola folla convenuta alla stazione per l'avvenimento si disperde, ma restano le autorità. Al solenne corteo che, attraversando
il centro di Siena, accompagna lo scrittore al cimitero del Laterino è presente Domenico Giuliotti. Tozzi è sepolto accanto al padre.
|
|