Dimettete
la vostra alterigia
sorelle di opulenza
gemelle di dominanza,
cessate di torreggiare
nel lutto e nel compianto
dopo il crollo e la voragine,
dopo lo scempio.
Vi ha una fede sanguinosa
in un attimo
ridotte a niente.
Sia umile e dolente,
non sia furibondo
lo strazio dell’ecatombe.
Si sono mescolati
in quella frenesia di morte
dell’estremo affronto i sangui,
l’arabo, l’ebreo,
il cristiano, l’indio.
E ora vi richiamerà
qualcuno ai vostri fasti.
Risorgete, risorgete,
non più torri, ma steli,
gigli di preghiera.
Avvenga per desiderio
di pace. Di pace vera.
(da «La Nazione», 12 gennaio 2002)
Traccia critica
Mario Luzi: la sua poesia ha saputo coniugare da sempre
terrestre e celeste, visibile ed invisibile, mediante
versi che riproducono in fogge mirabili – trascoloranti
dal dolore e dall’angoscia alla letizia, dalle
interrogazioni tragicamente dubitanti alla certezza
– una dizione incircoscritta del mondo, dell’esistente.
C’è fiducia, nella poesia di Luzi, accanto
al dramma; c’è passione operosa e confidente:
umana, storica e civile passione, in tutte le accezioni
concesse a un sentimento naturale che, alle emergenze
di un enigma vissuto e registrato nelle sue occorrenze
fenomeniche contraddittorie, spesso crudeli e sbaraglianti,
abbina già, nel suo stesso concrescere investigativo
e decifrante, un interesse orientato, allo smarrimento
e allo sgomento le possibilità di un traguardo
rassicurante e prima ancora di un coinvolgimento costruttivo,
dotato di senso.
«Nell’opera del mondo». La creazione
poetica partecipa in Luzi al processo della creazione,
si immette nella storia che quella creazione ininterrotta
oscuramente e luminosamente continua. La poesia nell’opera
del mondo: nella natura come nel farsi degli eventi.
Un’unica appartenenza intima e umanamente incaricata
che dà voce, nel mistero, alla volontà
dell’universo a vivere e rivivere attraverso la
«trasformazione», il «mutamento»,
e insieme all’inverarsi di un senso, a quell’adempiersi
insindacabile e segreto che costituisce la sua legge
profonda.
Memoria e storia vengono così ad assumere nell’opera
di Luzi significati peculiari e di assoluto rilievo,
mentre il tema civile del superamento dell’insensatezza
di un «buio sangue» della violenza e della
distruzione sfocia e si propaga – quasi un sigillo
prezioso o un dinamico vessillo di nuova vita –
nel più diffuso afflato verso l’universa
compiutezza del cosmo.
In entrambi i casi, partecipando e ricordando, la lirica
di Luzi «tende a»: canta costantemente,
pur nella rigorosa spietatezza degli accertamenti, su
accorate tonalità di esortazione invocante, spesso
di fermo ammonimento e di richiamo, ma anche –
di nuovo «tendendo» e tuttavia quasi distanziandosi,
ricongiungendosi a ritroso alle proprie radici e ritrovandosi
miracolosamente originaria – su registri di nitida
contemplazione, di intatta e superiore fiducia in quel
«magma» che sovrintende alle vicende dell’uomo
e del mondo.
Ha scritto Mario Luzi: «Dramma e enigma: provo
a isolare queste due parole, a farne un’endiadi.
Non so se possono davvero riassumermi ma certo vi riconosco
molto di me. Il sentimento creaturale con la sua suscettibilità
di fronte alle pene e alle offese non è meno
forte del giudizio e del senso storico dell’ingiustizia».
Una dizione incircoscritta e appassionata, dicevamo:
e questo è l’approdo che anche in questa
occasione ci preme sottolineare, allorché si
riconosceranno nei versi compattati, storicamente e
civilmente culminanti di Buio sangue tanti tragici eventi
novecenteschi e di nuovo millennio: dalla Seconda guerra
mondiale e i suoi indicibili orrori alla Guerra del
Golfo poi ferocemente riaccesasi, da Praga al Vietnam,
dall’assassinio Moro alle stragi che hanno funestato
la più recente storia italiana, alle oltranze
cruentemente fantasmagoriche e quasi inimmaginabili
del terrorismo su scala mondiale.
Accadimenti con cui l’arte inevitabilmente si
incontra e si scontra, fornendo, proprio in questo suo
umano non potersi sottrarre a necessità e insieme
a un dono ricevuto e prezioso come la parola, un’ampliabile
indicazione di valore etico ed educativo: una testimonianza
e un pegno memoriale che valgono, nonostante tutto,
una continuità, un indirizzo riconfermabile,
uno sguardo rivolto al futuro. «sguardi cercano
pace», come la poesia di Luzi dice. La musica
stessa di Richard Strauss prevista da Buio sangue intende
sottolineare questo essenziale momento «umanizzante»,
fraternizzante oltre ogni barriera ed ogni incomprensione,
ogni specificità culturale e ogni intervenuta
forma di solitudine e di divisione sofferta, di errore,
di conflitto, all’interno di un’unitaria
vicenda del genere umano.
Il farsi della storia, l’evolversi e il compiersi
di un destino; immersione «nel magma» e
distanza, immanenza e trascendenza. Anche l’ascolto
cronistico appare in Luzi estremamente vigile e sensibile:
attento, lucido ed inglobante, pronto a cogliere in
tutte le sue imprevedibili manifestazioni la disponibilità
della vita al cedimento, all’inerte ottusità,
al limite, alla dispersione frantumante e tra sé
belligerante, ma anche al riconoscimento delle sue più
vere ragioni: quei disegni imperscrutabili e cogenti
che l’avvolgono, e che riattivano di continuo,
fra terrestre e celeste appunto, unificando, l’esempio
cristologico di un Dio «nelle sue spoglie»
– lui fattosi mondo, precarietà, violenza
subìta, non-senso, storica sofferenza –
votato ad un medesimo, condiviso destino di «morte
e ricominciamento».
Il mondo è insanguinato, il mondo è al
buio: «buio sangue». Ma «O anima del
mondo / da tutto ferita, / da tutto risarcita…»,
dice, bilanciandosi perfettamente tra sofferenza e ricompensa,
dramma e speranza, un testo dell’ultimo Luzi intitolato
Durissimo silenzio (in Viaggio terrestre e celeste di
Simone Martini). Così anche le assemblate «poesie
civili» di Buio sangue, le sue parole combinate
e chiamate a far parte di un nuovo messaggio, trovano
oggi, nella loro concentrata drammaticità sacrificale,
nella loro stessa configurazione di rigenerato, ibrido
testo che intendendo semplicemente riepilogare ed esemplificare
si costituisce, il loro riscatto, la loro luce che esalta:
brillano, rischiarano, guidano e confortano, nella notte
che incombe, un unico viaggio. (Marco Marchi)
Bibliografia
M. Luzi, L’opera poetica, a cura di S. Verdino,
Milano, Mondadori, 1998 (o Tutte le poesie, Milano,
Garzanti).
Poesie, antologia a cura di M. Santagostini, Milano,
TEA, 1997.
57 poesie, Milano, Mondadori, 1997.
Naturalezza del poeta, a cura di G. Quiriconi, Milano,
Garzanti, 1995.
Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio, Milano, Garzanti,
1999.
Le nuove paure. Conversazione con Renzo Cassigoli, Firenze,
Passigli Editori, 2003.
G. Quiriconi, Il fuoco e la metamorfosi. La scommessa
totale di Mario Luzi, Bologna, Cappelli, 1980.
A. Panicali, Saggio su Mario Luzi, Milano, Garzanti,
1987.
AA. VV., Per Mario Luzi, a cura di G. Nicoletti, Roma,
Bulzoni, 1997.
M. Marchi, Invito alla lettura di Mario Luzi, Milano,
Mursia, 1998.
S. Verdino, introduzione a L’opera poetica, cit.
AA. VV., Mario Luzi cantore della luce, a cura di S.
Verdino, Assisi, Cittadella Editrice, 2003.
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