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Il giornale Stamani ho letto il giornale nel parco
seduto ad una panchina di verde,
con gli occhi appoggiati sul cielo, il varco
che anche gli sguardi più fondi in sé perde.
Pensando contento e a cosa non so
ma nel silenzio fa scorrere il tempo,
accavallo una gamba, poi l'altra e sto
fermo, davanti al foglio ch'ho in grembo.
Non ho cosa che non mi faccia male
nell'erba, la strada, mentre soccombo
alle più dure notizie del giorno.
Corrono i piccoli, becca un colombo
e io sto seduto che leggo il giornale
lì, mentre il mondo mi gira d'intorno.
De profundis II
Sapete quanto figge e dentro scava la pena che stretto nel corpo ascolto, quella che prima sempre mi stava segreta da molto e cheta sul volto,
quanto m'ha fatto male e danno la stessa che sta nell'ombre accese, così come dopo la pioggia stanno
ferme le gocce sui rami sospese.
Dal profondo silenzi rivela guardare morire immortale
il sole tra i colli alla sera,
che china dietro un crinale come fa buio una candela
che dalla fiamma lacrima cera.
Non m'è più grata cosa
Non m'è più grata cosa del sole che scompare da dietro i tetti lenti, della pioggia che cade nei miei giorni dolenti di gocce tarde e rare. Del correre del mare fino a morire a riva d'onde in mille pieghe, dell'esistenza schiva ch' ho tra dolori e beghe non so più grata cosa. Di questo gran rumore che assilla il mio avvenire come fa il vento ai rami, dacché mi fa capire quanto il silenzio ami non ho cosa più grata. Della madre accurata che para una bambina in braccia nude e rosa dalla pioggia fina, no, non più dolce cosa è al mio mesto cuore.
Non m'è più grata cosa d'un bacio nella notte cui corrono le stelle cadendo forse rotte
in fondo al cielo delle
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