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Anno 2007
  Arturo Loria
 
La vita e le opere
 

Arturo LoriaArturo Loria nasce a Carpi (Modena) il 17 novembre 1902, quarto di otto figli di Aristide Loria, industriale ebreo, ed Antonietta Righi, cattolica. Nei primi mesi di vita è colpito dalla poliomelite, che lo segnerà per tutta la vita rendendolo leggermente claudicante.
Agli inizi del Novecento il padre apre a Carpi una fabbrica di cappelli di paglia; l’attività si sviluppa con successo, tanto che nel 1912 l’imprenditore decide di trasferirsi con la famiglia a Firenze, dove impianta una manifattura che estende la propria produzione ai feltri. Dal 1916 Loria frequenta il Regio Liceo Classico Galilei di Firenze. Oltre alla cultura classica, latina e greca, la sua attenzione si rivolge in particolare alle letture straniere, con precoce predilezione per Shakespeare, Poe, Dostoevskij ed Emily Dickinson. A diciotto anni, nel 1920, compie il suo primo viaggio a Parigi; in autunno nascono le sue prime prove narrative. Nel 1921 si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa (dove conseguirà la laurea), prendendo in affitto una stanza sui lungarni vicino a Ponte Solferino.
A partire dal 1922 inizia una sistematica produzione di racconti. Nel 1926 alcuni di essi vedono la luce su «Solaria». Inizia l’assidua frequentazione del gruppo di giovani intellettuali e scrittori che gravitano attorno alla rivista fiorentina. Le riunioni si tengono al celebre Caffè delle Giubbe Rosse di Piazza Vittorio Emanuele II. Loria conosce Alberto Carocci, stringe amicizia con Roberto Papi, Giovanni Colacicchi e Alessandro Bonsanti, frequenta Eugenio Montale, Raffaello Franchi, Felice Carena, Marino Marini. Nel clima stimolante che contrassegna l’attività del periodico incontra pure Giuseppe Ungaretti, Elio Vittorini, Carlo Emilio Gadda.
All’uscita della prima raccolta, Il cieco e la Bellona del 1928, il lavoro di Loria è favorevolmente accolto dalla critica. Notevoli consensi (tra cui quello di Cecchi) raccoglie pure la seconda raccolta, Fannias Ventosca, pubblicata nel 1929 presso l’editore torinese Buratti. La scuola di ballo, terzo volume di racconti, esce infine nel 1932, per le Edizioni di «Solaria» come il primo. Con questo libro Loria si pone di nuovo al centro dell’attenzione letteraria, con prestigiosi giudizi di Giansiro Ferrata, Guido Piovene e Giuseppe De Robertis. Vince il Premio Umberto Fracchia, istituito dalla rivista «L’Italia letteraria» che nel febbraio del 1933 gli dedica un ampio omaggio.
Nel luglio di quell’anno la famiglia Loria si trasferisce al Pellegrino, una grande villa alle porte della città. Qui lo scrittore abiterà fino alla morte in un appartamento separato dal resto dei familiari: è proprio nello studio collocato nella mansarda della nuova dimora, che in quei mesi si definisce con chiarezza il progetto di un romanzo a sfondo autobiografico, Le memorie inutili di Alfredo Tittamanti.
Invitato dall’amico Dino Bigongiari, professore di filologia romanza alla Columbia University di New York, nell’autunno del 1933 Loria va negli Stati Uniti per un semestre di insegnamento alla Casa Italiana diretta da Prezzolini. Un altro breve soggiorno americano risale all’estate del 1936.
Quando nel 1937 Bonsanti fonda «Letteratura», lo scrittore entra a far parte dei collaboratori della rivista. Affitta uno studio in Borgo San Jacopo, una torre con vista panoramica su Firenze. Intanto la situazione politica va drammaticamente precipitando verso nuove limitazioni delle libertà fondamentali: tra il luglio e il novembre del 1938 sono emanate le leggi razziali che vietano agli ebrei di esercitare una vastissima serie di professioni e attività, emarginandoli di fatto dalla vita del paese.
Loria riesce ancora a pubblicare uno dei suoi racconti, L’albergatore malato, sulla rivista «Circoli». Nel 1938 comincia a scrivere la prima di una serie di opere teatrali, I colloqui del Principe. Durante il 1941 escono a puntate su «Argomenti» parti delle Memorie inutìli. Nel 1942 lavora al dramma satiresco Endymione del quale l’anno successivo compariranno il primo e il secondo atto su «Letteratura», a firma Lorenzo Valla.
Dal marzo del 1942 Loria tiene un diario, il Giornale di bordo, nel quale quotidianamente registra avvenimenti di piccola e grande importanza, tracce di vita intima, riflessioni di carattere generale, cronaca. Lo scrittore mantiene ben saldi i rapporti di amicizia, in particolare con Colacicchi e Papi; continua a frequentare Bernard Berenson nella sua residenza di Settignano, ed è in contatto con Massimo Bontempelli, Tommaso Landolfi, Roberto Longhi, Giorgio Morandi, Alberto Savinio.
L’aggravarsi della situazione storica costringe la famiglia Loria a lasciare Firenze e rifugiarsi a Montevarchi. Nell’agosto del 1944, nell’eplosione dei ponti sull’Arno ad opera dei tedeschi, viene distrutto l’ufficio fiorentino della ditta Loria in Por Santa Maria: nel crollo lo scrittore perde importanti manoscritti, vedendo in tal modo cancellati «dieci anni di lavoro silenzioso e abbastanza assiduo». Con la fine della guerra la fabbrica dei Loria a Montevarchi riprende la propria attività, ma la villa del Pellegrino è stata saccheggiata dai tedeschi e nella devastazione anche la ricca biblioteca e la collezione di quadri di Arturo sono andate perdute.
Nel 1945 lo scrittore fonda e condirige, assieme a Montale, Bonsanti e Scaravelli, «Il Mondo», un periodico di cultura militante calato nell’attualità della ricostruzione. Loria vi si impegnerà con articoli di ispirazione civile e politica. In questo clima si iscrive al Partito d’Azione ed è tra i fondatori del Circolo Culturale Fratelli Rosselli. Sempre nel 1945 pubblica sulla nuova rivista di Piero Calamandrei «Il Ponte» un estratto del Diario senile. Lavora frattanto alla stesura di poesie, parte delle quali confluiranno nel postumo Bestiario, edito nel 1959 per le cure dell’amico Bonsanti.
Su «Letteratura» compare nel 1946 il terzo ed ultimo atto di Endymione, opera che uscirà in volume l’anno dopo. Il 1949 registra un’intensa attività di Loria come traduttore: esce per Electa il volume di Berenson Abbozzo per un autoritratto. Viaggia molto (Francia, Svizzera, Inghilterra) per conferenze, il cui tema prediletto è la letteratura americana dell’Ottocento, con i suoi grandi scrittori: Poe, Hawthorne, Melville, Whitman. Tra la fine del 1948 e la fine del 1951 perde i genitori: prima l’«adorata» madre Antonietta, poi il padre.
Nel 1953 intraprende una nuova collaborazione con Berenson, traducendone gli scritti per il «Corriere della Sera». Sullo stesso quotidiano appaiono alcune delle sue favole, da lui in seguito organizzate in libro (Settanta favole). Ma Loria è ormai un autore isolato, davvero «disperso e inascoltato», estraneo ai nuovi climi letterari e ai meccanismi dell’industria culturale che si muove attorno a lui.
Muore a Firenze il 15 febbraio del 1957. Tre anni dopo escono da Mondadori, con prefazione di Giansiro Ferrata, i racconti del Compagno dormente.

(da Arturo Loria. Carpi, Firenze e dintorni. Fotografie di Valerio Rebecchi, testi di Marco Marchi, Fondazione Fossoli e Comune di Carpi, 2002)