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Chi sono?
Chi sono?
Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell'anima mia:
«follìa».
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non à che un colore
la tavolozza dell'anima mia:
«malinconia».
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c'è che una nota
nella tastiera dell'anima mia:
«nostalgia».
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell'anima mia.
La fontana malata
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchette,
chchch......
E' giù,
nel cortile,
la povera
fontana
malata;
che spasimo
sentirla
tossire.
Tossisce,
tossisce,
un poco
si tace....
di nuovo
tossisce.
Mia povera
fontana,
il male che hai
il core
mi preme.
Si tace,
non getta
più nulla.
Si tace,
non s'ode
rumore
di sorta
che forse...
che forse
sia morta?
Che orrore!
Ah! no!
Rieccola,
ancora
tossisce.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
chchch...
La tisi
l'uccide.
Dio santo,
quel suo
eterno
tossire
mi fa
morire,
un poco
va bene,
ma tanto!
Che lagno!
Ma Habel,
Vittoria!
Andate,
correte,
chiudete
la fonte,
mi uccide
quel suo
eterno
tossire!
Andate,
mettete
qualcosa
per farla
finire,
magari...
magari
morire!
Madonna!
Gesù!
Non più!
Non più.
Mia povera
fontana,
col male
che ài,
finisci
vedrai,
che uccidi
me pure.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch...
Comare Coletta
«Saltella e balletta comare Coletta!
Saltella e balletta!»
Smagrita ricurva la piccola vecchia
girando le strade saltella e balletta.
Si ferma la gente a guardarla,
di rado taluno le getta denaro;
saltella più lesta la vecchia al tintinno,
ringrazia provandosi ancora
di reggere a la piroetta.
Talvolta ella cade fra il lazzo e le risa:
nessuno le porge la mano.
«Saltella e balletta comare Coletta!
Saltella e balletta!»
- La tua parrucchina, comare Coletta,
ti perde il capecchio!
- E il bel mazzolino, comare Coletta!
Di fiori assai freschi!
- Ancora non ànno lasciato cadere
Il vivo scarlatto.
- Ricordan quei fiori, comare Coletta,
gli antichi splendori?
- Danzavi nel mezzo ai ripalchi,
n’è vero, comare Coletta?
Danzavi vestita di luci, cosparsa di gemme,
coperta soltanto di guardi malefici, vero?
- Ricordi le luci, le gemme,
le vesti smaglianti?
- Ricordi il tuo sozzo peccato?
- Tu sei maledetta, comare Coletta!
Vecchiaccia d’inferno!
«Saltella e balletta
comare Coletta!
Saltella e balletta!»
Ricurva, sciancata, provandosi ancora
di reggere a la piroetta,
s’aggira per fame la vecchia rugosa;
trascina la logora veste pendente a brandelli,
le cade a pennecchi di capo il capecchio
fra il lazzo e le risa,
la rabbia le serra la bocca di rughe ormai fossa,
soltanto il mazzetto di fiori scarlatti
ancora le ride nel mezzo del petto.
«Saltella e balletta
comare Coletta!
Saltella e balletta!»
Rio Bo
Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, è vero,
paese da nulla, ma però...
c’è sempre di sopra una stella,
una grande magnifica stella,
che a un dipresso...
occhieggia con la punta del cipresso
di Rio Bo.
Una stella innamorata?
Chi sa
se nemmeno ce l’ha
una grande città.
Lasciatemi divertire
Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente!
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
Tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la... spazzatura
delle altre poesie.
Bubububu,
fufufufu.
Friù!
Friù!
Se d'un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?
Bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.
Non è vero che non voglion dire,
vogliono dire qualcosa.
Voglion dire...
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.
Aaaaa!
Eeeee!
Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
un sì gran foco?
Huisc... Huiusc...
Huisciu... sciu sciu,
Sciukoku... Koku koku,
Sciu
ko
ku.
Come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese,
Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.
Lasciate pure che si sbizzarisca,
anzi, è bene che non la finisca,
il divertimento gli costerà caro:
gli daranno del somaro.
Labala
falala
falala...
eppoi lala...
e lalala, lalalala lalala.
Certo è un azzardo un po' forte
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono molto cambiati,
gli uomini non domandano
più nulla dai poeti:
e lasciatemi divertire!
Una casina di cristallo
Non sogno più castelli rovinati,
decrepite ville abbandonate,
dalle mura tutte crepate
dove ci passa il sole.
Non palazzi provinciali
disabitati,
dalle porte polverose,
dalle vetrate colorate,
dalle finestre ferrate,
non più.
Non più colli soleggiati,
non cime di montagne,
isole luminose,
non più.
Non solitarie vie
infinite polverose
dove sfogare tutte le mie malinconie.
Mi son venute a noia
tutte queste cose.
Non prati sconfinati
ricoperti di margherite,
circondati di stupore.
Non parchi bagnati di dolore.
Non fontane, non cancelli,
attonite folle mute
non più;
non più il croscio dei ruscelli
rapito ascoltare
all’ombre solitarie,
non le grida degli uccelli,
non più.
Sogno tutt’altre cose
che con queste non àn nulla che fare.
Non me ne dovete volere
Oggi ò cambiato parere.
Io sogno una casina di cristallo
proprio nel mezzo della città,
nel folto dell’abitato.
Una casina semplice, modesta,
piccolina piccolina,
tre stanzette e la cucina.
Una casina
come un qualunque mortale
può possedere,
che di straordinario non abbia niente,
ma che sia tutta trasparente,
di cristallo,
e si veda bene dai quattro lati la via,
e di sopra bene il cielo,
e che sia tutta mia.
L’antico solitario nascosto
non nasconderà più niente
alla gente.
Mi vedrete mangiare,
mi potrete vedere
quando vado a dormire,
sorprendere i miei sogni;
mi vedrete quando sono a fare i miei bisogni,
mi vedrete quando cambio la camicia.
Se in un giorno di malumore
mi parrà di litigare colla serva,
prenderete la sua parte,
e farete benone,
non c’è niente di male,
vi accorgerete dalla mia cera
come va la mia arte.
Mi vedrete chino sulle carte
dalla mattina alla sera.
E passando mi potrete salutare,
augurare il buon giorno
e la buonanotte,
e io vi risponderò.
E se poi mi vedrete pisciare,
non vi dovete scandalizzare,
se no, peggio per voi!
Non vi dovete voltare
quando passate.
- All’erta dormiglione!
È alto il sole!
La mattina vi sentirò gridare.
- Pigrizia e poesia vanno a braccetto!
Vi sentirò borbottare.
E farò finta di non sentire
per restare un altro poco a cucciare
dentro il letto.
E quando non ne potrò più,
mi butterò giù.
- Riso e cavolo per desinare!
- Dev’essere in bolletta!
- Mangia la minestra con la forchetta!
- Che razza d’animale!
- Beve acqua per risparmiare.
- Beve acqua perché gli piace.
- Che ci sia qualche cosa con quella cameriera?
- Mamma mia che indecenza!
- Brutta a quella maniera?
- Ma la notte cosa fanno?
- Bella, vanno a dormire.
- Quella è la stanza di lui,
quella è la stanza di lei,
accanto la cucina…
- Ti piacerebbe di stare in quella casina?
- No davvero! No davvero!
Vivere a quel modo in berlina!
- Due camere un salotto e la cucina.
- Guarda il cesso com’è bello!
- È di vetro anche il cariello!
- Ma cosa è andato a inventare!
- Guarda guarda va al cassettone…
Ah no, o che cosa anderà a fare?
- Mamma mia!
- Che si butti un po’ sul letto?
- Bambine venite via!
- Sarà stanco poveretto!
- Non vedi che viso bianco?
- Qui bisogna riparare!
- Ma il comune che gli ha dato il permesso
di fabbricare una casa di quel genere!
- Vi sbagliate!
-A’ ragione per Dio!
Me ne sto facendo una anch’io!
Quando gli uomini vivranno
tutti in case di cristallo,
faranno meno porcherie,
o almeno si vedranno!
- Sostenete delle tesi sbagliate.
- È un pazzo come lui!
- Ma come se ne sta tranquillo quel salame!
- Guarda guarda, ci saluta!
- Ah! c’à detto buona passeggiata.
- Buon lavoro, poeta!
- È una gran puttanata!
- È una bella trovata!
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