contattaci
torna alla home page

“L'ANTIQUARIO DI VIA FILLUNGO”
Angelo Giannini

Non c’era mai stato nessun antiquario in Via Fillungo e il Signor della Faggiola lo sapeva benissimo. Sapeva di essere l’ultima propaggine di una dinastia centenaria, le cui radici si erano intrecciate a quelle della città fin dal passato più remoto. Conosceva Lucca meglio di sé stesso e se ne sentiva parte, eppure, nonostante ciò, si era mosso alla ricerca di qualcosa che non poteva esistere. La sua passione per l’archeologia e l’antiquariato l’avevano portato a credere alle parole inverosimili di un suo vecchio amico: “...questo antiquario si trova nella Torre delle Ore e il suo negozio è veramente grande. Ci sono stato ieri e possiede pezzi rarissimi”.
“Ma non è possibile, me ne sarei accorto! In quel punto c’è solo un negozio di cenci alla moda” disse sorpreso il Sig. della Faggiola. Ma l’amico lo rassicurò: “so che non mi credi. Tuttavia prova ad andarci e non te ne pentirai”.
Quelle furono le ultime parole che sentì pronunciare dal suo vetusto coetaneo. Dopo alcuni giorni venne a sapere dalla moglie, spaventata e disperata, che non era più rientrato a casa e che di lui si era persa ogni traccia. Allora gli tornò in mente la faccenda dell’antiquario e decise di andare a controllare di persona. Il Sig. della Faggiola, al passo svelto dei suoi ottanta anni, s’immerse per le stradine di Lucca e giunse presto al crocicchio fra Via Fillungo, Via S.Andrea e Via Buia. Qui si fermò un istante per riprendere fiato e asciugarsi il sudore...
Il cielo sopra di lui viveva come poteva, strizzato fra i palazzi, condividendo con i piccioni i ritagli di luce fra i tetti. Si era in estate, alla vigilia di S.Giovanni e le strade erano allegre e indaffarate di gente. Dai prati fuori le mura e dai baluardi scendevano fino in centro il profumo di erba tagliata e, galleggiando nell’afa, scialuppe di pappi alla deriva in cerca di aiuole.
Il vecchio riprese il cammino, con gli occhietti corrucciati e persi in un labirinto di rughe; mal sopportava il vacuo lucciolio delle vetrine al neon, l’ignobile luminara della moda che parassitava le antiche mura.
Giunse infine al luogo che il suo amico gli aveva indicato, ossia la Torre delle Ore. Purtroppo, come si aspettava, non trovò alcuna bottega di antichità.
L’orologio batté le dodici. Stava proprio per andarsene quando una porticina di legno cigolò sul lato esterno della torre. Era una porta molto stretta, quasi una fessura, e sopra di essa c’era un insegna in bronzo con incisa un frase. Si aggiustò gli occhiali e lesse: “Vendo e compro antiquariato di ogni tipo”. In quel momento un magro ometto dalle membra esili si affacciò sull’uscio e con voce lamentosa e nasale chiese: “stavate cercando qualcuno signore?”e il vecchio, piuttosto sorpreso rispose: “si, stavo cercando un antiquario che...” “Bene!” lo interruppe l’ometto “allora l’ha trovato! Venga che gli mostro il negozio!” Incredulo come non mai il Sig. della Faggiola entrò a fatica nel pertugio ritrovandosi alla base di una stretta rampa di scale.
Ansimando e sbuffando seguì l’ometto fino in cima alla torre. Sennonché l’ambiente in cui si trovò immerso era molto più vasto di quello che ricordava.
L’enorme salone era fittamente ricoperto di ogni tipo di oggetti antichi, con le pareti tappezzate da quadri e arazzi di grande valore. Il Sig. della Faggiola si aggirò come un ubriaco fra quei tesori. Non riuscendo a credere ai suoi occhi, persi adesso in un labirinto di gioielli, si sporse da una delle piccole finestre per essere sicuro di non stare sognando. Vide il familiare paesaggio lucchese di chiese e campanili incastonato come una gemma nel cielo terso e sotto di lui, rigagnoli di anonime testine umane che fluivano per le viuzze. Tutto normale dunque.
Quando si voltò colse l’ometto che lo fissava in modo inquietante, con calcolata attenzione, con lucidi ocelli da ragno.
“Senta, Sig. Antiquario, la sua mercanzia m’interessa molto ma prima vorrei sapere se può darmi qualche notizia sul mio amico Salvatore. Ha visitato il negozio qualche giorno fa e poi è sparito nel nulla. E’ lui che mi ha consigliato di venire...” disse il Sig. della Faggiola. “Sì, in effetti ho capito di chi sta parlando, ma credo di non poterle essere di aiuto. E’ uscito con la promessa di ritornare ma non l’ho più rivisto...Spero che non abbia fatto una brutta fine!”.
Non del tutto convinto dalle ambigue parole dell’ometto il vecchio riprese a girare fra quegli oggetti che tanto calamitavano il suo interesse. C’era mobilia pregiata del XVIII secolo, argenteria, vasellame greco, monili egizi, armature medioevali, manoscritti tibetani, sculture maya e altro ancora. Un eterogeneo museo di manufatti umani di ogni epoca. Ma ciò che più stupiva il Sig. della Faggiola era il fatto che queste cose fossero splendidamente conservate: non c’erano crepe, sgraffi, segni del passaggio del tempo. Eppure era sicuro che non fossero dei falsi. Tutto sembrava prelevato direttamente dal periodo in cui fu creato.
“Lei possiede davvero oggetti d’inestimabile valore” disse il Sig. della Faggiola “e mi chiedo dove e come possa averli acquistati, visto lo splendido stato in cui versano”.
“Be’, come tutti gli antiquari anche io ho i miei segreti, ma posso dirle che mi rifornisco da un mercante di fiducia, una persona molto importante” rispose l’antiquario con un tremito nella voce nasale.
“Sarei curioso di conoscerlo questo mercante” disse il vecchio. L’ometto contorse nervosamente le mani da insetto e così rispose: “sono certo che non mancherà l’occasione; anzi sa che le dico, ho un appuntamento con lui proprio stasera e se non ha altri impegni da onorare potrebbe accompagnarmi”. Il Sig. della Faggiola non si sentiva molto ben disposto verso quell’essere ripugnante e iniziò col dire: “ne sarei lieto ma purtroppo a causa di......”
“Lei è di Lucca vero?” lo interruppe subito l’ometto. “Si” disse il vecchio “io e miei avi abbiamo sempre abitato in centro ed è per questo che mi sono meravigliato quando mi hanno detto dell’esistenza di questo negozio, perché conosco ogni pietra di questa città e non capisco come possa essermi sfuggito....”.
“Signor mio questo è il minor male! Se non sapeva della mia bottega allora devo dedurne che non ha mai visto nemmeno la settima....” disse con malizia l’antiquario.
“La settima cosa?” chiese il vecchio. “La settima porta di Lucca signor mio!” rispose con orgoglio l’antiquario. “Lucca ha solo sei porte e undici baluardi, non venga a raccontare queste favole proprio a me!!” Disse un po’ irritato il vecchio. E l’antiquario: “Signor mio, le sto dicendo la maledetta verità. Anche io ne ero all’oscuro finché il commerciante di cui le parlavo me l’ha mostrata”.
“Quando ci sarò passato sotto le crederò” disse il vecchio in tono di sfida. “Bene, allora questa notte mi accompagni e potrà vedere con i suoi occhi; è l’occasione d’oro per lei e per me. Incontrerò il mio cliente proprio davanti a questa porta dove mi consegnerà delle preziose pergamene babilonesi di quattromila anni fa. Sa com’è, è roba che scotta e va trattata lontano da occhi indiscreti”. Disse stroppiciandosi golosamente le mani.
“Deve essere molto ricco lei, per potersi permettere tutte queste rarità!” Insinuò il vecchio, che intuiva loschi traffici.
“No, non esattamente. Io non compro, scambio...”
La curiosità di vedere questa fantomatica settima porta e d’indagare sulla scomparsa del suo amico vinse infine sulla diffidenza che il vecchio provava per l’antiquario. Decise di accompagnarlo.
Mentre il colloquio procedeva la sera era penetrata furtivamente nella torre arricchendola di ombre e oscuri presagi. Era evidente che il tempo vicino ad orologi di così antica data poteva accellerare in modo anomalo il suo corso. Il vecchio si sporse di nuovo dalla finestrella. Vide il familiare paesaggio lucchese di chiese e campanili incastonato fra nuvoloni plumbei forieri di tempesta.
“Un temporale ci voleva proprio” disse ironicamente il vecchio “era quel tocco di teatro che mancava e io ho un debole per le storie di paura. Mi hanno sempre divertito. Spero che abbia in serbo per me vampiri e fantasmi!”
“Non si preoccupi” disse cambiando discorso l’antiquario “ci sta già aspettando una vettura che ci condurrà in un attimo al luogo convenuto. Lei non si bagnerà per nulla al mondo”. Quando la campana dell’orologio batté le ventitre l’ometto annunciò che era l’ora e scesero le scale. Il fortunale promesso era infine giunto a prender d’assedio la città e la torre. Non bastarono mura possenti e baluardi gagliardi a fermare la sua furia. Presto non rimase altra luce che il bagliore dei fulmini e gli unici rumori udibili erano quelli del tuono e della pioggia battente. All’uscita della torre un uomo vestito con un pastrano nero e un cappello a cilindro li aspettava accanto a una carrozza ottocentesca, con tanto di cavalli e lanterne a petrolio. Appena il vecchio e l’antiquario si furono chiusi nella bizzarra vettura, il cocchiere, perché tale era l’uomo col cilindro, diede di frusta ai due stalloni, che parevano di pece bollente e irrequieti di prendere il galoppo. Scalpicciarono selvaggiamente sulle pietre del Fillungo e corsero via con un frastuono infernale. Al Sig. della Faggiola pareva tutta una messa in scena ma rimaneva sempre più sorpreso da quella sequela di eventi piuttosto irrazionali. Chiuso in quel cocchio tappezzato di un elegante velluto scuro da bara, l’antiquario, che sedeva immobile davanti a lui, lo fissava con gli ocelli neri da ragno. Gettò uno sguardo fuori per trovare conforto. La carrozza sfilava per i viottoli deserti, inchiostrati dalle pozzanghere di acqua lucida crivellate di pioggia. Attraversarono tutta la città e salirono sulla passeggiata dalla parte del baluardo di S.Pietro. Poi, a una folle velocità, corsero in senso antiorario per tutta la circonferenza delle mura passando sopra Porta S.jacopo, Porta S.Maria, Porta S.Donato, Porta S.Anna, Porta S.Pietro e Porta Elisa. Si fermarono sopra il baluardo di S.Salvatore, davanti alla casermetta dove in tempi antichi abitava il boia. A questo punto il Sig. della Faggiola non si sarebbe stupito se il boia in persona fosse uscito fuori ad accogliere gli ospiti con la sua tipica giovialità, offrendo cappi da forca e mannaie scarlatte. Ma non andò così.
L’antiquario doveva avere amici influenti in comune perché trasse fuori un mazzo di chiavi e aprì il portone della casermetta come fosse casa sua. Il vecchio era abituato a visitare catacombe e sarcofagi e non temeva l’aracnide a due gambe che lo precedeva. Questo scoperchiò una botola e scese risoluto all’interno delle mura. Mentre fuori l’acquazzone estivo non placava la sua ira, gli zoccoli dei cavalli ripresero a tuonare, rimbombando come cannonate fra la volta delle mura.
L’antiquario aveva una torcia elettrica con la quale fendeva il buio cavernoso di quel sinistro ambiente. Di lì a poco arrivarono esattamente a metà strada fra il baluardo di S.Salvatore, dal quale erano discesi attraverso la casa del boia, e il baluardo di S.Pietro che segnava l’inizio della folle corsa con il cocchio. L’ometto scrutò il prezioso orologio da taschino del 1700 e, con malcelata trepidazione, illuminò la parete di mattoni davanti a sé. Dopo un minuto si sentì in lontananza la Torre delle Ore battere la mezzanotte e il vecchio, sempre più sbigottito, vide materializzarsi fra le mura una porta simile per forma e dimensione a quelle che conosceva. Questa porta aveva tre fornici, colonne di marmo e pesanti sarcinesche con doppie inferriate. Quella anteriore si apriva sull’esterno mentre quella alle sue spalle dava l’accesso definitivo alla città. L’antiquario e il vecchio si trovavano dunque esattamente dentro e al centro del passaggio.
Un ponte levatoio si abbassò e un colossale cavallo nero con un uomo coperto da un mantello e un cappuccio che gli nascondevano il volto si fece avanti. L’uomo si rivolse all’antiquario: “hai portato ciò che ti avevo chiesto?”
“Eccolo” disse l’ometto indicando il vecchio, che solo a quel punto incominciò a capire di che genere di scambi si occupasse l’antiquario. “Qui ci sono le pergamene che tanto desideravi” disse l’uomo incappucciato lanciandogli un pacco avvolto in una tela.
“Cosa sta succedendo qua?”chiese il povero vecchio. “Succede” spiegò l’antiquario “ che presto lei, caro signore, farà parte della collezione di questo pregevole uomo il quale è il più grande antiquario che sia mai esistito. Per il giorno dei Morti e per S. Giovanni c’incontriamo sempre davanti a questo valico, dove lui mi rifornisce di antichi tesori e io di antiche anime”.
“Miserabile negromante, vorresti dirmi che mi hai venduto al diavolo? No, non crederò mai a questa pagliacciata!” Ma in quel momento il cavallo nero s’impennò balzando in avanti verso il vecchio che venne brutalmente abbrancato dal cavaliere e trascinato aldilà della porta che dava sulla città. Il vecchio cominciò a temere davvero di stare per andare all’altro mondo. Varcata questa soglia il cavaliere posò la sua preda sul selciato e si tolse il cappuccio rivelando di essere il suo amico scomparso. “Salvatore!!” gridò il Sig. della Faggiola esausto e in lacrime per la gioia di rivederlo. Il vecchio amico gli sorrise mestamente e disse: “sei salvo ormai, ma per me non c’è più nulla da fare, io non posso più tornare fra voi. Io ti ho messo in questo guaio e Dio ha voluto che ti ci togliessi. Fra pochi secondi il varco si chiuderà di nuovo e io devo portare indietro qualcosa che prenderà il tuo posto nella collezione dell’innominabile”.
E con ciò dicendo girò il cavallo e come una furia oltrepassò la porta, agguantando al volo l’antiquario e scomparendo fuori dalle mura. Il vecchio stette a guardare mentre il magico passaggio si ricomponeva nei familiari mattoncini rossi.
Non ricordava perché si trovasse in quel punto della cinta muraria, ma aveva dentro di sé il fermo proposito di verificare ciò che gli aveva detto il suo amico. Percorse le stradine di Lucca e giunse presto al crocicchio fra Via Fillungo, Via S.Andrea e Via Buia. Qui si fermò un istante per riprendere fiato e asciugarsi il sudore...Il cielo sopra di lui si era rabbuiato e prometteva tempesta.
Il vecchio riprese il cammino e arrivò alla base della Torre delle Ore. Purtroppo, come si aspettava, non riuscì a trovare il negozio dell’antiquario.
L’orologio batté di nuovo le dodici della vigilia di S.Giovanni. Stava proprio per andarsene quando udì un cigolio sul lato esterno della torre.
Era un piccione, appollaiato su di un antico battaglio arruginito e pencolante fra i mattoni.
Non c’era mai stato nessun antiquario in Via Fillungo e il Signor della Faggiola lo sapeva benissimo.


 >back