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DANIELA RAIMONDI
"Diario della luce"


Il male si allontana
dal giardino e dalla casa
(Antonella Anedda)
Isola del Giglio

06:48

Dio ha scordato un poco di luna nel cielo
ma la notte deve compiersi,
aprire un varco sicuro verso la luce.

Il corpo è pesante di sonno
lentamente risale:
gli occhi semichiusi, la pelle dolce.

L’alba soffia sul mondo l’azzurro mattutino.
Il mio giorno inizia adesso,
con il latte che schiuma
e un piccolo gesto di pazienza.

La brace del sole è ancora lontana.
C’è un respiro di uccelle sui rami
i loro cuori attendono.

*

11.07

La mia isola ha occhi chiari
e un corpo luminoso.
Ha un mare che non cambia:
riporta la stessa onda sulla pietra
senza sussulti nuovi, senza più bufere.

C’è una ragazza con il vestito rosso
che scende al mare ogni mattina.
Frantuma la testa di una dea,
calpesta i suoi occhi di alabastro
poi si getta nell’acqua e nuota con i pesci.

La mia Itaca ha seni di madreperla
e un sesso di bambina.
Ha uno sguardo d’ametista
e sa distinguere il buio dalla luce,
il silenzio e la parola.
Di notte balla nuda e si accarezza il viso.
Le trema il corpo dopo una lunga corsa,
si porta la mia vita chiusa nella bocca.

*

12.02

A piedi nudi.
Un lago di luce nel portico.
L’aria brilla, mi vola addosso
con la sua benedizione.

Sul tavolo
un catino di stagno e il pesce lavato.
La fame si acquieta
con la goccia d’olio sul pane,
la sete, con un sorso d’acqua.

Non chiedo altro:
solo il lungo riposo
queste terre felici,
l’assenza della colpa.

*

14:16

È questo che vogliono i morti:
la luce che allaga, il sonno senz’ombra.

La calma svapora dalle gole della terra.
Sogniamo il ritorno della pioggia,
l’arcano soffio delle fecondazioni.

Le api ubriache hanno perso la via del ritorno.
L’ora è quieta come un’assenza.
Pura come l’acqua e la pietra.

*

17:03

Piantare un ulivo
è un gesto senza tempo:
la terra spalancata al cielo,
bellezza e buio dischiusi in una zolla.

Gli utensili brillano
il piede affonda.

Il sudore sulle tempie
e la calma del cuore.
Riordiniamo l’opera.
Per un momento
immortali.

Dietro il muro di sassi
è la quiete celeste del mare.

*

19.00

L’ombra si muoveva nell’acqua.
Innegabile e bella.

        Interminabile.

La nutriva la calma della polvere,
una luce poverissima.

Ho cercato di rubare il mistero.
Ho cercato col capo rasato
fiotti di mare aperto,
l’acqua del miracolo.

Ho sentito solo la fragilità del vento
la sete magra
e un voler piangere

        improvviso.

*

20:49

La sfera infuocata del sole libera a stento
l’ultimo segno della sua perfezione.

La terra si rassegna al sacrificio della luce
Il buio si apre ad altro buio.

Ora non c’è pietà:
la notte si tende sull’abisso,
ripete di nuovo il suo cieco destino.

È difficile credere ancora nella luce,
nel miracolo della sua redenzione.

Socchiudo le persiane.
Un suono mi nasce sulla bocca:

        “Consegnami al silenzio.
Fa che questa notte sia vuota di sogni,
pura e splendente come una reliquia.

        Fa che questa notte sia un campo felice:
una terra senza vento dove possa germinare
la poca felicità che ci appartiene.”

*

01:16

La luna è sorta dal suo grembo nerissimo.
Tinge di bianco i rami degli ulivi,
brucia la tenerezza degli oleandri.

–    Il mio corpo
      come un roseto in fiamme. –

Dalla terra nasce un odore di oro e di cenere.
Sono la regina egizia dagli occhi sempre aperti,
il mio sangue scintilla.

Nella stanza notturna
visi sconosciuti si chinano
ad osservare il mio sonno,
mi respirano piano sopra il tumulto del petto.

La fine del rumore inizia qui:
in questo silenzio gotico,
nell’inferno africano del mio fiato.

L’insonnia stanotte è una serra di sospiri,
una fila di piccole morti.
Fuori dura la sete dell’estate.
Nell’aria tintinnano ninnoli cinesi.

*

06:36

Non c’è più lotta fra la notte e il giorno.
Il mondo adesso non ha più colore.

La luna si rivolta per l’ultima volta
nelle sue distruzioni:
succhia l’onda del mare,
fermenta i tuberi, i semi delle rose.

Nulla agita il buio, il suo male piumato.

        La notte è ferma.
        Il mio corpo è acqua.

Non c’è vento nel cielo:
solo stelle dolorose,
una partenza.

*

06:53

Chiusa in questo rosso che respira,
la rosa di vetro nel fragilissimo centro del petto.
Solo così io esisto:
in questo suono scuro, dolce come sangue.

Il guanto della notte sfiora il mio corpo,
rimuove il velo funebre del buio.
Il nuovo giorno nasce in una ciotola d’azzurro.

Tocco di nuovo il mondo
con le mie mani primitive.
Oggi vivrò senza fatica.
Bacerò la bocca rossa del giorno,
getterò piccoli sassi
nei cerchi perfetti dell’acqua.

(Isola del Giglio, settembre 2009)