Beh, direte voi, a tutti può˜ capitare d’incontrare
un fantasma.
Basti pensare che oggi, molta gente, per lo più
annoiata dal solito tran tran quotidiano, paga fior
di cifre pur di poter passare una vacanza in Scozia,
Irlanda o Transilvania, alloggiando quasi sempre in
tetri (anche se costosi) castelli, nella speranza d’incontrare
almeno una volta il fantasma della loro vita. Sui gusti
non si sputa!
A me personalmente gli spettri mettono sempre, diciamo
così, un po’ di soggezione e avrei fatto
volentieri a meno d’incontrarne uno. Allora capirete
perché, l’essermi trovato faccia a faccia
con uno spettro del tutto particolare, mi abbia convinto
ancor più a trattare l’argomento con la
dovuta prudenza e la necessaria reverenza.
Si fosse trattato di un normalissimo fantasma, uno di
quelli morti di morte violenta, con una tristissima
storia alle spalle e un compito misterioso rimasto da
assolvere nell’ aldiquà, così come
tanti se ne trovano nei racconti del soprannaturale
e nelle storie di paura di una volta, non sarebbe stato
poi un gran male: un po’ di spavento, una fuga
veloce, qualche eruzione cutanea da stress, ma poi,
tutto finito!
Ma incontrare il fantasma di un VIVO, non è roba
di tutti i giorni, ve l’assicuro.
Tuttavia, è proprio questo che a me è
capitato!
Era il novembre, di qualche anno fa, e al tramonto di
un bel giorno sereno ma freddissimo, mi trovavo a passeggiare
nei pressi del piccolissimo cimitero di Cambiano.
Camminavo in compagnia di allegri pensieri e godevo
delle mille ruggini colorate, con le quali l’autunno
si ingegna a vestire (o spogliare) gli alberi e le piante
della nostra bella terra. Faceva un gran freddo, ma
a noi ultimi romantici, si sa, piace soffrire. Camminavo
dunque piuttosto spedito, quando mi accorsi che, seduto
sul basso muricciolo che attorniava il camposanto, un
gran bel vecchio, pareva godere anche lui di un qualche
soave spettacolo, anche se, dalla posizione in cui si
trovava, ben poco poteva vedere oltre le lapidi e le
poche cappelle del cimiteretto.
Quando il vecchio mi sentì arrivare, sì
volt˜ verso di me e con un ampio gesto di una mano,
m’invito˜
assai garbatamente, ad avvicinarmi a lui.
Era un bell’uomo sugli ottanta, con una folta
capigliatura candida come la farina che gli usciva da
sotto un cappello un po’ troppo piccolo per la
testa sua e con due grossi mustacchi, bianchi non proprio
come i capelli, in quanto ingialliti assai da decenni
di fumo di quella pipa che tuttora teneva in bocca apparentemente
spenta.
“ Ha da accendere ?ì mi domandò˜
non appena fui anch’io a ridosso del muricciolo.
Gli porsi l’accendino che subito manovrò˜
con una
certa dimestichezza nell’accendersi la pipa.
Il vecchio tirò due ampie boccate e allungando
la testa per indicare un punto del cimitero, con quella
sua bella voce tornò˜ a parlare:
“ Che gliene pare? Un bell’angolino non
c’è che dire.
Il punto che il vecchio indicava era un pezzetto di
prato subito accanto a una fossa ricoperta di fresco,
ancora riparato dall’ultima ombra di un gruppetto
di cipressi.
“ Mi pare cosa?ì domandai a mia volta.
“ E’ il posto che da tanto aspettavo
Il vecchio mi guardò˜ con un’aria
stupita, come se fosse deluso dalla mia poca perspicacia.
Gli sembrava davvero impossibile che non capissi una
cosa così evidente.
Abbozzai il sorriso idiota che le persone per bene usano
mostrare agli svitati, ma tuttavia incuriosito da quel
suo dire, continuai:
“ Intende dire che è in quel punto che
vuole essere sepolto?ì E sfoggiando un sorriso
ancora più idiota, come quello che, le persone
per bene, usano fare allorquando augurano qualcosa di
cui in realtà non ne sono convinti affatto, dissi
allegro:
“ Ne passerà del tempo allora, eh nonno?ì
Il vecchio mi guardò˜ appena e scotendo
il capo disse serio serio:
“ No no, morir˜ domattina presto.
“ Domattina? Suvvia non si scherza su queste cose,
alla sua età poichè risposi preoccupandomi
un po’.
“ Ho fatto i miei calcoli. Se tiro le cuoia domani
alle otto, considerato il tempo di vigilanza sanitaria,
la veglia funebre, la messa e il funerale, arrivo alle
quattro di doman l’altro e siccome oggi non è
morto nessuno, mi tocca proprio quel posto lì.!
Ero decisamente allarmato. Combattuto da diverse sensazioni,
tra la curiosità di starlo a sentire e la voglia
di mandarlo a quel paese, cautamente mi azzardai a dire:
“ Non avrà mica intenzione diÉì
“ Suicidarmi?ì urlò˜ alquanto
indispettito il vecchio. “ Non ci penso nemmeno.
Le sembro io il tipo da suicidarsi?ì.
Scossi la testa e approfittando di quel mio gesto di
diniego, scrutai ai miei lati alla ricerca di una dignitosa
e discreta via di fuga.
“ Ho contato i morti negli ultimi tempi e conoscendo
le disposizioni dei necrofori del comune, ho capito
quando mi sarebbe toccato quel tranquillo angolino.
Il vecchio fece una smorfia di soddisfazione e gongolandosi
come se fosse uno scienziato che avesse disvelato al
mondo chissà quale dilemma, tornò˜,
con un sorriso sornione tra le labbra, a contemplare
il luogo del suo prossimo futuro.
“ Quel farabutto del Nanniì disse con un
tono divertito, indicando con un secco gesto del capo
la fossa da poco ricoperta “ per poco non mi fregava.
Io, che intanto avevo fatto buon viso a cattiva sorte,
sicuro dell’allegra innocuità di quel vecchio
mattacchione, lo guardai con aria interrogativa.
“ Voleva fregarmi il posto, eccoì continu˜
il vecchio “ ma il Nanni che ha sempre avuto fretta
nella vita, l’ha avuta anche nel morire. Così
quel bel posticino al sole
è toccato a me, perdio! Son proprio contentoì.
C’era in quel vecchio qualcosa che mi ammaliava.
E per quanto ancora non avessi caito se diceva sul serio
o mi prendeva in giro, era un vero piacere starlo a
guardare e ascoltare. Anche quando, dopo aver detto
quelle poche parole, sprofond˜ in un silenzio caparbio,
tutto assorto nel meditare il suo luminoso futuro.
Per un po’ volli fargli compagnia, e messomi seduto
sul muricciolo, accesi anch’io la mia pipa, mettendomi
a contemplare sereno, quel piccolo pezzetto di prato
che tanto attraeva l’attenzione del mio strambo
compagno. E se, all’inizio, contemplavo quell’
angoletto con il dovuto ironico distacco, che la macabra
e comica situazione mi suggeriva, a poco a poco, vidi
affiorare tra quei grassi fili d’erba un poco
ingiallita tutto il senso della mia vita. E per quanto
continuasi ad apprezzare senza troppi rimpianti i miei
anni vissuti, quel pezzetto di terra incominci˜
a cullarmi la mente e, dondolati così , i miei
pensieri, pian piano iniziarono ad adagiarsi su quel
lembo di prato, fino a penetrarvi in tenace intimità.
Quale assurdo senso di pace mi conquist˜ allora?
Era come se quel “ posto al soleì avesse
carpito la mia intera memoria, la mia intera sostanza.
Pensai che, dopo tutto, non era una follia starsene
a contemplare il tuo ultimo luogo. Se non altro per
dare un senso a tutte quelle ore passate alla disperata
ricerca di un’esistenza migliore. E se questo
tuo arrabattarti nella vita, sarà, quanto meno,
deluso, che sia almeno il tuo ultimo approdo, un posto
decente in cui poter riposare.
Scrollai la testa per scacciare questi strani pensieri
e quando mi ridestai da quella specie di mistico rapimento,
mi accorsi che il vecchio più non c’era.
La vita ha i suoi ritmi, e quelli della vita di oggi,
sono tanti e tali che subito macinano, insieme al mondato
grano del solito tran tran quotidiano, anche il grumoso
frumento di quel poco d’inconsueto che ogni tanto
ci pu˜ capitare. Fu così , che alla sera,
raccolta la farina del giorno trascorso, avevo già
dimenticato, confuso com’ero tra tante banalità,
quello strano vecchio e i suoi ancor più strani
proponimenti.
E così fu anche per tutto il giorno successivo.
Ma, al mattino del secondo giorno, appena uscito di
casa, fui attratto da un manifesto mortuario, da pochissimo
affisso sullo scalcinato muro di fronte a casa mia.
Era deceduto un vecchio signore di ottantatre anni.
Fu proprio l’età del defunto che subito
attrasse la mia attenzione e con sorpresa avidità
lessi d’un fiato l’intero necrologio che
portava la data del giorno prima:
“ Éstamani, alle ore otto, munito dei conforti
religiosi, è decedutoÉ.ì
Lessi l’indirizzo, e come soccombendo ad un impulso
segreto, decisi di far visita alla famiglia del defunto.
La casa, dove ancora si trovava esposta la salma, non
era lontana e non appena vi fui arrivato salii poche
rampe di scale fino all’ingresso di un appartamento,
il cui portone spalancato, indicava senza possibilità
d’errore la casa del defunto. La porta immetteva
subito in un ampio salone, all’interno del quale
un non foltissimo gruppo di anziane persone, rumoreggiava
sottovoce.
Entrai quasi in punta di piedi e salutando, con passo
imbarazzato, fendei la fitta rete di sguardi incuriositi
e mi diressi, deciso all’apparenza, assai titubante
nell’animo, verso la stanza dove era stata allestita
la camera ardente.
La bara, ancora scoperta, era adagiata su un ampio e
alto letto matrimoniale, uno di quelli dei tempi andati,
con la lettiera in ferro battuto e offuscati pomi d’
ottone ai quattro angoli.
Non si poteva vedere in faccia il defunto senza affacciarsi
un poco da uno dei bordi della bara e quando così
feci, il cuore mi balz˜ in gola:
Sdraiato in quel sarcofago di noce, il vecchio del cimitero,
con gli occhi chiusi e le mani congiunte sul ventre
che stringevano un rosario e una vecchia pipa, pareva
sorridermi sornione!
Mi ritrassi spaventato, ma incapace di allontanarmi
dal luogo del mio spavento. Rimasi imbambolato chissà
per quanto tempo, fino a quando una sommessa voce
di donna non mi resuscit˜ dal mio torpore:
“ Lo conosceva, il povero babbo?ì
Era una donna sui cinquant’anni, ancora non del
tutto disfatta da quel mezzo secolo di gioie e di pene.
C’era nel suo sguardo un dolore composto e contenuto,
come se fosse stato allenato ad apparire in quegli occhi
piccoli e scuri, da una lunga e tristissima attesa di
un penoso, quanto ineluttabile evento.
Feci cenno di sì con la testa e con la voce intaccata
dalla sorpresa e che alla donna parve commozione risposi:
“ Non lo conoscevo da molto. MaÉ, quel
poco che l’ho frequentato è stata.., come
direÉ un’esperienza non comuneì.
Guardai la donna, che con un mesto sorriso sulle labbra,
scoteva il capo come per farmi intendere che lei capiva
benissimo: “ E’ morto improvvisamente?ì
Domandai con un’aria la più ingenua possibile.
La donna scosse di nuovo la testa, ma questa volta per
far cenno di no:
“ Due mesi d’agonia.ì Disse la donna
con un sospiro profondo e commosso “ Due mesi
passati tra coma e dormiveglia semi coscientiì.
Feci salti mortali per cercar di nascondere la mia incredulità
e, mentre tutto contrito ascoltavo la povera donna,
sbirciavo verso la bara, nella speranza di riconoscere
nel defunto un’altra persona. Ma più guardavo,
maggiormente riconoscevo in quel morto il mio macabro
compagno di due giorni prima. Intanto la smorfia sorridente
sul viso del cadavere pareva essersi accentuata e ora,
il defunto, mi sorrideva decisamente divertito.
“ Durante il comaì continu˜ la figlia
“ sembrava che dovesse lasciarci da un momento
all’altro. Ma d’un tratto si risvegliava
e permaneva in quello stato di semicoscienza per molto
tempo per poi precipitare nuovamente nel coma e così
via per innumerevoli volte.ì
La donna mi guard˜ a sua volta e assumendo il tono
di voce e quella gestualità particolare che si
usa nel cercare di spiegare qualcosa che in realtà
spiegabile non è, continu˜ con triste enfasi:
“ Era come se rimandasse la sua morte e non tanto
perchè aveva paura di morire, ma era comeÉ,
sì eccoÉ lo so che sembra assurdoÉ
era come se aspettasse il momento giusto. Sì
proprio così !ì
Torn˜ a guardarmi come per cercare di misurare
quanta incredulità ci fosse nel mio sguardo.
Poi, con un dolce sorriso sulle labbra, volse lo sguardo
verso la salma, e rivolta al morto, scotendo mestamente
il capo, disse con triste allegria:
“ Povero il mio babbone. Chi sa cos’è
che aspettavi? Non lo saprà nessuno maiì.
Tornai a guardare per l’ultima volta il morto.
Questa volta, nonostante le palpebre abbassate, parve
proprio che il vecchio mi facesse l’occhiolino.
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