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"UN POSTO AL SOLE"
Paolo Puccini


       Beh, direte voi, a tutti può˜ capitare d’incontrare un fantasma.
       Basti pensare che oggi, molta gente, per lo più annoiata dal solito tran tran quotidiano, paga fior di cifre pur di poter passare una vacanza in Scozia, Irlanda o Transilvania, alloggiando quasi sempre in tetri (anche se costosi) castelli, nella speranza d’incontrare almeno una volta il fantasma della loro vita. Sui gusti non si sputa!
       A me personalmente gli spettri mettono sempre, diciamo così, un po’ di soggezione e avrei fatto volentieri a meno d’incontrarne uno. Allora capirete perché, l’essermi trovato faccia a faccia con uno spettro del tutto particolare, mi abbia convinto ancor più a trattare l’argomento con la dovuta prudenza e la necessaria reverenza.
       Si fosse trattato di un normalissimo fantasma, uno di quelli morti di morte violenta, con una tristissima storia alle spalle e un compito misterioso rimasto da assolvere nell’ aldiquà, così come tanti se ne trovano nei racconti del soprannaturale e nelle storie di paura di una volta, non sarebbe stato poi un gran male: un po’ di spavento, una fuga veloce, qualche eruzione cutanea da stress, ma poi, tutto finito!
       Ma incontrare il fantasma di un VIVO, non è roba di tutti i giorni, ve l’assicuro.
       Tuttavia, è proprio questo che a me è capitato!
       Era il novembre, di qualche anno fa, e al tramonto di un bel giorno sereno ma freddissimo, mi trovavo a passeggiare nei pressi del piccolissimo cimitero di Cambiano.
       Camminavo in compagnia di allegri pensieri e godevo delle mille ruggini colorate, con le quali l’autunno si ingegna a vestire (o spogliare) gli alberi e le piante della nostra bella terra. Faceva un gran freddo, ma a noi ultimi romantici, si sa, piace soffrire. Camminavo dunque piuttosto spedito, quando mi accorsi che, seduto sul basso muricciolo che attorniava il camposanto, un gran bel vecchio, pareva godere anche lui di un qualche soave spettacolo, anche se, dalla posizione in cui si trovava, ben poco poteva vedere oltre le lapidi e le poche cappelle del cimiteretto.
       Quando il vecchio mi sentì arrivare, sì volt˜ verso di me e con un ampio gesto di una mano, m’invito˜
       assai garbatamente, ad avvicinarmi a lui.
       Era un bell’uomo sugli ottanta, con una folta capigliatura candida come la farina che gli usciva da sotto un cappello un po’ troppo piccolo per la testa sua e con due grossi mustacchi, bianchi non proprio come i capelli, in quanto ingialliti assai da decenni di fumo di quella pipa che tuttora teneva in bocca apparentemente spenta.
       “ Ha da accendere ?ì mi domandò˜ non appena fui anch’io a ridosso del muricciolo.
       Gli porsi l’accendino che subito manovrò˜ con una
       certa dimestichezza nell’accendersi la pipa.
       Il vecchio tirò due ampie boccate e allungando la testa per indicare un punto del cimitero, con quella sua bella voce tornò˜ a parlare:
       “ Che gliene pare? Un bell’angolino non c’è che dire.
       Il punto che il vecchio indicava era un pezzetto di prato subito accanto a una fossa ricoperta di fresco, ancora riparato dall’ultima ombra di un gruppetto di cipressi.
       “ Mi pare cosa?ì domandai a mia volta.
       “ E’ il posto che da tanto aspettavo
       Il vecchio mi guardò˜ con un’aria stupita, come se fosse deluso dalla mia poca perspicacia. Gli sembrava davvero impossibile che non capissi una cosa così evidente.
       Abbozzai il sorriso idiota che le persone per bene usano mostrare agli svitati, ma tuttavia incuriosito da quel suo dire, continuai:
       “ Intende dire che è in quel punto che vuole essere sepolto?ì E sfoggiando un sorriso ancora più idiota, come quello che, le persone per bene, usano fare allorquando augurano qualcosa di cui in realtà non ne sono convinti affatto, dissi allegro:
       “ Ne passerà del tempo allora, eh nonno?ì
       Il vecchio mi guardò˜ appena e scotendo il capo disse serio serio:
       “ No no, morir˜ domattina presto.
       “ Domattina? Suvvia non si scherza su queste cose, alla sua età poichè risposi preoccupandomi un po’.
       “ Ho fatto i miei calcoli. Se tiro le cuoia domani alle otto, considerato il tempo di vigilanza sanitaria, la veglia funebre, la messa e il funerale, arrivo alle quattro di doman l’altro e siccome oggi non è morto nessuno, mi tocca proprio quel posto lì.!
       Ero decisamente allarmato. Combattuto da diverse sensazioni, tra la curiosità di starlo a sentire e la voglia di mandarlo a quel paese, cautamente mi azzardai a dire:
       “ Non avrà mica intenzione diÉì
       “ Suicidarmi?ì urlò˜ alquanto indispettito il vecchio. “ Non ci penso nemmeno. Le sembro io il tipo da suicidarsi?ì.
       Scossi la testa e approfittando di quel mio gesto di diniego, scrutai ai miei lati alla ricerca di una dignitosa e discreta via di fuga.
       “ Ho contato i morti negli ultimi tempi e conoscendo le disposizioni dei necrofori del comune, ho capito quando mi sarebbe toccato quel tranquillo angolino.
       Il vecchio fece una smorfia di soddisfazione e gongolandosi come se fosse uno scienziato che avesse disvelato al mondo chissà quale dilemma, tornò˜, con un sorriso sornione tra le labbra, a contemplare il luogo del suo prossimo futuro.
       “ Quel farabutto del Nanniì disse con un tono divertito, indicando con un secco gesto del capo la fossa da poco ricoperta “ per poco non mi fregava.
       Io, che intanto avevo fatto buon viso a cattiva sorte, sicuro dell’allegra innocuità di quel vecchio mattacchione, lo guardai con aria interrogativa.
       “ Voleva fregarmi il posto, eccoì continu˜ il vecchio “ ma il Nanni che ha sempre avuto fretta nella vita, l’ha avuta anche nel morire. Così quel bel posticino al sole
       è toccato a me, perdio! Son proprio contentoì.
       C’era in quel vecchio qualcosa che mi ammaliava. E per quanto ancora non avessi caito se diceva sul serio o mi prendeva in giro, era un vero piacere starlo a guardare e ascoltare. Anche quando, dopo aver detto quelle poche parole, sprofond˜ in un silenzio caparbio, tutto assorto nel meditare il suo luminoso futuro.
       Per un po’ volli fargli compagnia, e messomi seduto sul muricciolo, accesi anch’io la mia pipa, mettendomi a contemplare sereno, quel piccolo pezzetto di prato che tanto attraeva l’attenzione del mio strambo compagno. E se, all’inizio, contemplavo quell’ angoletto con il dovuto ironico distacco, che la macabra e comica situazione mi suggeriva, a poco a poco, vidi affiorare tra quei grassi fili d’erba un poco ingiallita tutto il senso della mia vita. E per quanto continuasi ad apprezzare senza troppi rimpianti i miei anni vissuti, quel pezzetto di terra incominci˜ a cullarmi la mente e, dondolati così , i miei pensieri, pian piano iniziarono ad adagiarsi su quel lembo di prato, fino a penetrarvi in tenace intimità.
       Quale assurdo senso di pace mi conquist˜ allora?
       Era come se quel “ posto al soleì avesse carpito la mia intera memoria, la mia intera sostanza.
       Pensai che, dopo tutto, non era una follia starsene a contemplare il tuo ultimo luogo. Se non altro per dare un senso a tutte quelle ore passate alla disperata ricerca di un’esistenza migliore. E se questo tuo arrabattarti nella vita, sarà, quanto meno, deluso, che sia almeno il tuo ultimo approdo, un posto decente in cui poter riposare.
       Scrollai la testa per scacciare questi strani pensieri e quando mi ridestai da quella specie di mistico rapimento, mi accorsi che il vecchio più non c’era.
       La vita ha i suoi ritmi, e quelli della vita di oggi, sono tanti e tali che subito macinano, insieme al mondato grano del solito tran tran quotidiano, anche il grumoso frumento di quel poco d’inconsueto che ogni tanto ci pu˜ capitare. Fu così , che alla sera, raccolta la farina del giorno trascorso, avevo già dimenticato, confuso com’ero tra tante banalità, quello strano vecchio e i suoi ancor più strani proponimenti.
       E così fu anche per tutto il giorno successivo.
       Ma, al mattino del secondo giorno, appena uscito di casa, fui attratto da un manifesto mortuario, da pochissimo affisso sullo scalcinato muro di fronte a casa mia. Era deceduto un vecchio signore di ottantatre anni. Fu proprio l’età del defunto che subito attrasse la mia attenzione e con sorpresa avidità lessi d’un fiato l’intero necrologio che portava la data del giorno prima:
       “ Éstamani, alle ore otto, munito dei conforti religiosi, è decedutoÉ.ì
       Lessi l’indirizzo, e come soccombendo ad un impulso segreto, decisi di far visita alla famiglia del defunto.
       La casa, dove ancora si trovava esposta la salma, non era lontana e non appena vi fui arrivato salii poche rampe di scale fino all’ingresso di un appartamento, il cui portone spalancato, indicava senza possibilità d’errore la casa del defunto. La porta immetteva subito in un ampio salone, all’interno del quale un non foltissimo gruppo di anziane persone, rumoreggiava sottovoce.
       Entrai quasi in punta di piedi e salutando, con passo imbarazzato, fendei la fitta rete di sguardi incuriositi e mi diressi, deciso all’apparenza, assai titubante nell’animo, verso la stanza dove era stata allestita la camera ardente.
       La bara, ancora scoperta, era adagiata su un ampio e alto letto matrimoniale, uno di quelli dei tempi andati, con la lettiera in ferro battuto e offuscati pomi d’ ottone ai quattro angoli.
       Non si poteva vedere in faccia il defunto senza affacciarsi un poco da uno dei bordi della bara e quando così feci, il cuore mi balz˜ in gola:
       Sdraiato in quel sarcofago di noce, il vecchio del cimitero, con gli occhi chiusi e le mani congiunte sul ventre che stringevano un rosario e una vecchia pipa, pareva sorridermi sornione!
       Mi ritrassi spaventato, ma incapace di allontanarmi dal luogo del mio spavento. Rimasi imbambolato chissà per quanto tempo, fino a quando una sommessa voce
       di donna non mi resuscit˜ dal mio torpore:
       “ Lo conosceva, il povero babbo?ì
       Era una donna sui cinquant’anni, ancora non del tutto disfatta da quel mezzo secolo di gioie e di pene.
       C’era nel suo sguardo un dolore composto e contenuto, come se fosse stato allenato ad apparire in quegli occhi piccoli e scuri, da una lunga e tristissima attesa di un penoso, quanto ineluttabile evento.
       Feci cenno di sì con la testa e con la voce intaccata dalla sorpresa e che alla donna parve commozione risposi:
       “ Non lo conoscevo da molto. MaÉ, quel poco che l’ho frequentato è stata.., come direÉ un’esperienza non comuneì.
       Guardai la donna, che con un mesto sorriso sulle labbra, scoteva il capo come per farmi intendere che lei capiva benissimo: “ E’ morto improvvisamente?ì Domandai con un’aria la più ingenua possibile.
       La donna scosse di nuovo la testa, ma questa volta per far cenno di no:
       “ Due mesi d’agonia.ì Disse la donna con un sospiro profondo e commosso “ Due mesi passati tra coma e dormiveglia semi coscientiì.
       Feci salti mortali per cercar di nascondere la mia incredulità e, mentre tutto contrito ascoltavo la povera donna, sbirciavo verso la bara, nella speranza di riconoscere nel defunto un’altra persona. Ma più guardavo, maggiormente riconoscevo in quel morto il mio macabro compagno di due giorni prima. Intanto la smorfia sorridente sul viso del cadavere pareva essersi accentuata e ora, il defunto, mi sorrideva decisamente divertito.
       “ Durante il comaì continu˜ la figlia “ sembrava che dovesse lasciarci da un momento all’altro. Ma d’un tratto si risvegliava e permaneva in quello stato di semicoscienza per molto tempo per poi precipitare nuovamente nel coma e così via per innumerevoli volte.ì
       La donna mi guard˜ a sua volta e assumendo il tono di voce e quella gestualità particolare che si usa nel cercare di spiegare qualcosa che in realtà spiegabile non è, continu˜ con triste enfasi:
       “ Era come se rimandasse la sua morte e non tanto perchè aveva paura di morire, ma era comeÉ, sì eccoÉ lo so che sembra assurdoÉ era come se aspettasse il momento giusto. Sì proprio così !ì
       Torn˜ a guardarmi come per cercare di misurare quanta incredulità ci fosse nel mio sguardo. Poi, con un dolce sorriso sulle labbra, volse lo sguardo verso la salma, e rivolta al morto, scotendo mestamente il capo, disse con triste allegria:
       “ Povero il mio babbone. Chi sa cos’è che aspettavi? Non lo saprà nessuno maiì.
       Tornai a guardare per l’ultima volta il morto. Questa volta, nonostante le palpebre abbassate, parve proprio che il vecchio mi facesse l’occhiolino.
      
      


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