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"CARTEGGIO VALDESANO"
Roberto Spini

   
    Quella che state per leggere è una corrispondenza immaginaria tra un fratello e una sorella, l’uno partito per il nord Italia e l’altra rimasta nella loro amata Valdelsa.
    I nomi citati sono rigorosamente di fantasia. Come si dice in questi casi, qualsiasi riferimento a fatti e persone (soprattutto) conosciute è puramente accidentale.

Lettera n.1L’emigrante

    Cara sorella,
    sono finalmente giunto a destinazione.
    Sapessi che inferno di viaggioÉ Il mio pentolino di minestra di pane è stato letteralmente surclassato da un’intera produzione casearia sciorinata a destra e a manca da un gruppo di pugliesi. Se sapevo che il viaggio era così lungo mi facevo preparare dalla mamma anche un po’ di crostini ai fegatini o un bel panino col lampredotto.
    Quando sono sceso dal treno, in piena visione da stomaco vuoto ho equivocato un cartello BENVENUTI IN PADANIA, retto da simpatici ragazzi in camicia verde (che non erano spazzini) per una promozione del grana e mi sono messo in fila per l’assaggio.
    A dire la verità non ho ancora afferrato bene il significato di quel cartello.
    Che si riferisse a quel diavolo del Benvenuti di San Martino che veniva alle elementari con noi e che poi è partito dicendo che casa sua stava diventando una discarica perchè tutti quelli che passavano di lì gettavano qualcosa dal finestrino?
    Sta a vedere che è diventato famoso qua nel Nord e io che non gli ho mai credutoÉ Come quando sosteneva addirittura che sentiva rumori notturni simili a quelli di un camion che continuamente scaricava
    qualcosa nel campo di fronte a casa sua.
    Prova a fare un salto a San Martino per avere sue notizie se hai tempo, se davvero si trova da queste parti lo vado a cercare, solamente per stare un po’ in compagnia.
    Gli unici che hanno fatto attenzione alle mie C aspirate sono stati i tassisti, mi hanno inseguito dappertutto per farmi montare sul loro mezzo, anche al bagno della stazione.
    Bagno della stazione che, per inciso, è grande come tutta la stazione di Granaiolo, qua tutte le cose hanno veramente un’altra dimensione.
    Ora ti lascio, saluta la mamma e rispondimi presto, sai, sono così solo qua.
    Tuo Beppe.

Lettera n. 2 – I colori della Valdelsa

    Beppe solitario,
    ho ricevuto la tua ultima, anzi la tua unica.
    Da quando hai la passione della scrittura? Devo dire per˜ che mi piace molto l’idea di una corrispondenza con te.
    Il postino mi ha chiesto subito se ho uno spasimante che mi scrive dal Nord, mi ha fatto così arrossire, tra l’altro uno spasimante mi dà l’idea di una persona in debito di ossigeno, che pu˜ corrispondere alla tua situazione se è vero quello che dice la mamma sulle dimensioni del tuo monolocale che hai comunicato per telefono.
    Sono stata a San Martino come tu mi hai chiesto, ma forse ho scelto il giorno sbagliato, perchè mi hanno scambiata per una delle ragazze ucraine ospitate dalle suore e mi hanno costretta ad andare in gita sul Poggio all’Aglione con loro. Ma sono davvero così pallida di carnagione?
    Per˜ lassù mi sono divertita tantissimo. Sai chi guidava il pulmino? Ti ricordi quell’autista ai tempi della scuola che faceva le previsioni del tempo a seconda del colore del cielo dalla parte di Gambassi e di quello dalla parte di Montespertoli e che spesso si bloccava
    perchè i due colori erano in contraddizione?
    Adesso mi sfugge il nome ma avrai capito benissimo di chi sto parlando, quello che all’uscita della scuola faceva la graduatoria delle mamme in attesa dei figli secondo il principio “ dalle more ritornaci, le bionde falle soffrire, le rosse arrotaleì o qualcosa del genere. Se ti viene in mente scrivimelo.
    Adesso devo andare, ho un appuntamento dal
    parrucchiere, mi è venuta voglia di farmi nera.
    Tu scrivimi, anche perchè altrimenti non regge la storia che ho inventato al postino.
    Tua Luciana.
    Lettera n. 3 – Alberi e desideri
    Luciana colorata,
    questi primi giorni passati quassù sono stati molto pesanti: l’aria è grigia, il colore dei palazzi qui di fronte è grigio chiaro, la macchina del mio collega Nicola è
    antracite, il mio umore è canna di fucile.
    Mi mancano i nostri alberi, i filari di cipressi di Pancole, l’albero secolare di Montaione che serve ai Carabinieri per mimetizzarsi, i pioppeti della Dogana, l’albero di Natale in piazza, un patrono che si chiami Verdiana, insomma c’è bisogno di verde da queste parti.
    Questa voglia di colore credo proprio che me l’hai attaccata tu parlando dell’autista del pulmino, di cui neanche io mi ricordo il nome.
    Piuttosto, dovresti controllare le coltivazioni nel nostro piccolo spicchio di campo nel Piangrande, ci tengo molto e d’altra parte qua non posso coltivare niente, hai mai visto nascere qualcosa dalla terra grigia?
    Mi raccomando, vacci tu di persona senza incaricare persone di fiducia come la tua amica Maria, quella che raccontava sempre di andare a fare il trucco alle modelle nelle sfilate di moda e poi scoprimmo che in realtà andava a fare i calli a Marcialla.
    Abbraccia la mamma e spediscimi una foto dei poponi. Sai, sono così solo qua.
    Tuo Beppe.

Lettera n. 4Il Medioevo che è in noi

    Beppe arboreo,
    ho letto l’ultima tua, che non è più l’unica, da quando riesci a scrivere due lettere di seguito?
    Il postino continua a credere alla storia dello spasimante, per˜ non riusciva a capire perchè al posto della busta hai usato la foto ripiegata del pino di fronte a casa nostra.
    Potrei darti splendide notizie sulle tue coltivazioni, ma ti parlo più volentieri della festa medievale che si è tenuta per le strade del borgo.
    Io e le mie amiche eravamo vestite da damigelle e abbiamo sfilato tra due ali di folla che applaudiva. E’ stato bellissimo, ti giuro; l’unica nota stonata è stata il tuo amico David, quello che chiamavi il “ Ghiandaì per la forma della sua testa. Con la scusa di avere addosso uno squallido vestito da paggio mi è stato
    appiccicato addosso per tutta la giornata.
    Lo trovo veramente disgustoso, non so come ti possa stare tanto simpatico, io gli farei fare la fine che fanno in genere le ghiandeÉ
    Comunque siamo andate talmente bene che ci hanno proposto di recitare una novella del Boccaccio in un teatro all’aperto che allestiranno la prossima settimana nel chiostro del palazzo. Ho letto uno strano sorriso sulla faccia del tuo amico David quando ci hanno comunicato questa proposta.
    Ora ti lascio, devo andare alle prove. Ho deciso di
    fare una parte maschile, sono troppo astuta.
    Il Ghianda non potrà mai fare la parte di una damigella, col naso che si ritrova.
    Ti abbraccio stretto stretto come fanno i tuoi pomodori tra di loro.
    Tua Luciana.
    Lettera n. 5 – Furti e combustibili
    Luciana recitante,
    la vita qua scorre tra mille difficoltà quotidiane.
    Ieri mattina all’uscita di casa per andare al lavoro
    non ho trovato la macchina nel parcheggio.
    Sono entrato di corsa nel bar di fronte e ho urlato ai presenti che qualcuno doveva essersi sbagliato a rubarmi la macchina perchè ormai faccio parte da tempo della popolazione del quartiere.
    Un tizio da lontano mi ha chiesto se stavo parlando
    di una macchina rossa targata FI eccetera.
    “ Lo potevi anche dire prima che era la tua macchinaì mi ha detto il barista e mi hanno indirizzato da un famigerato faccendiere per vedere se fosse ancora possibile recuperare il mio mezzo.
    Non ci crederai, alla fine la macchina l’ho ritrovata, era abbandonata in un piazzale in pieno centro cittadino, per˜ era senza benzina e così , a notte fonda, ho dovuto riempire una piccola tanica di benzina ad un distributore automatico.
    Appena il tempo di dirigermi, a piedi, verso la macchina per fare il rabbocco che mi ha fermato la polizia e, con l’accusa di preparare una bomba molotov da scagliare contro un pubblico edificio, senza tanti discorsi mi hanno portato in questura.
    Ma dico io, dalle nostre parti se io vedessi passare una persona con una tanica in mano durante la notte non penserai mai ad una molotov, al limite mi potrebbe venire in mente che: a quel tipo serve della benzina per il decespugliatore, perchè la mattina successiva deve tagliare l’erba del giardino; o che sta ritornando da una cena a casa di amici con il vino avanzato; o che sta andando alla Fonte di Campaino a prendere l’acqua perchè a quell’ora non c’é la fila.
    Per fortuna sono riuscito a spiegarmi, ma ho passato tutta la notte in questura.
    Inizio a non poterne più di questo posto, sento di avere qua le stesse possibilità di sopravvivenza di un ciclista sulla linea di mezzo della SS429 nell’ora di
    punta. Per di più, sai, mi sento anche molto solo.
    Tuo Beppe.

Lettera n. 6 – Chi va via perde il posto

    Beppe insurrezionale,
    sono felice di ricevere la tua ultima e mi stupisco che tu riesca a scrivere così tante lettere di seguito, credo di aver perso il conto. Pensa che prima che tu partissi non avevo neanche mai visto la tua firma.
    Il postino, nonostante abbia smesso di fare domande, continua a credere alla storia dello spasimante. L’ho beccato mentre cercava di leggere in controluce la firma in fondo alla lettera, ma non pu˜ capire che sei tu a scrivere perchè pensa che tu non sappia firmare.
    Sai che inizia a sentirsi la tua mancanza qua? Al cinema del paese da quando non ci sono più le tue richieste sul registro dei film desiderati, é iniziato un filone di film che finiscono inesorabilmente bene; la maglia numero otto della squadra del Bar Sport, che è sempre stata tua, è passata a Puzzolino, quello che dicevi aveva sempre tutto lo spazio che voleva negli spogliatoi; la tua bicicletta l’abbiamo regalata all’arrotino di fronte a casa nostra perchè ce l’aveva chiesta per realizzare un nuovo strumento di lavoro,
    che gli permettesse di usare le mani il meno possibile.
    Insomma a parte queste lettere non ci sono più segni della tua esistenza.
    Ma io penso già al giorno in cui ritornerai: organizzer˜ una bella festa, magari chiedendo allo zio Gino di metterci a disposizione la casa in campagna, una buona quantità del suo vino e del suo prosciutto, la sua fisarmonica.
    Potrei poi chiedere alla zia di preparare qualcuna
    delle sue favolose torte di cui tu vai pazzo.
    Quindi provvederei a portare entrambi a conoscenza di una fantomatica gara di ballo liscio da Tanzino in programma proprio per quella sera.
    Potrei inoltre chiedere Mario il fornaio di inserire un bigliettino di invito alla festa in ogni filino, con la speranza che non si confonda con gli altri misteriosi ingredienti che aggiunge di solito alla pasta: credo che si tratti del sistema paesano di più ampia diffusione delle informazioni.
    Infine giochi sociali, premi e ricchi cotillons, non mi chiedere che cosa vuol dire ma so che si dice così .
    Che ne pensi? Ma tornerai prima o poi? Nel dubbio ti saluto in attesa di una prossima tua.
    Tua Luciana.

Lettera n. 7 – Il figliol prodigo

    Luciana festosa,
    leggo di una festa già organizzata per un mio eventuale ritorno.
    Sei impietosa: queste parole, unite alla mia cronica solitudine, hanno fatto crollare tutta la mia fermezza nel restare lontano da casa.
    Vorrei avere la tua serenità nell’affrontare tutte le situazioni, anche quelle più difficili.
    Mi ricordo della tua capacità di raccontare barzellette sui carabinieri nei nostri lunghi viaggi notturni in macchina; della tua capacità di raccontare barzellette ai carabinieri quando ci fermavano al posto di blocco; della tua capacità di farsi raccontare barzellette dai carabinieri per stemperare l’ira per la multa ricevuta.
    Dato che non avr˜ mai la tua serenità congenita, credo proprio che sia arrivato il momento di tornare nella mia adorata valle.
    Mi sono già informato sull’orario del treno, arriver˜ giusto per l’ora di cena e ti autorizzo a preparare ogni sorta di sorpresa ti venga in mente.
    Ti prego per˜ di non venirmi a prendere alla stazione, voglio fare il pezzo di strada fino a casa nostra a piedi per salutare tutti quelli che incontro, avevo perso l’abitudine da un bel po’ di tempo, perchè quassù
    salutarsi è un’abitudine non molto coltivata.
    Adesso inizio a prepararmi per il viaggio. Dovr˜ portarmi da solo tutte le valigie fino alla stazione perchè non conosco nessuno che mi pu˜ dare un passaggio in macchina. Sai, sono sempre stato solo qua.
    Tuo Beppe.

   Una piccola considerazione finale. Se queste lettere finissero in mano a persone che non sono mai venute in Valdelsa, che cerchino di leggere tra le righe ci˜ che contraddistingue la nostra terra e che fa sentire forte la nostalgia a chi è lontano: la storia, il verde, la campagna e i suoi prodotti, la tranquillità dei paesi e, non per ultima, l’allegria delle persone. Devono sapere che noi non ci sentiamo soli qua.


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