Quella che state per leggere è
una corrispondenza immaginaria tra un fratello e una
sorella, l’uno partito per il nord Italia e l’altra
rimasta nella loro amata Valdelsa.
I nomi citati sono rigorosamente
di fantasia. Come si dice in questi casi, qualsiasi
riferimento a fatti e persone (soprattutto) conosciute
è puramente accidentale.
Lettera n.1 –
L’emigrante
Cara sorella,
sono finalmente giunto a destinazione.
Sapessi che inferno di viaggioÉ
Il mio pentolino di minestra di pane è stato
letteralmente surclassato da un’intera produzione
casearia sciorinata a destra e a manca da un gruppo
di pugliesi. Se sapevo che il viaggio era così
lungo mi facevo preparare dalla mamma anche un po’
di crostini ai fegatini o un bel panino col lampredotto.
Quando sono sceso dal treno, in piena
visione da stomaco vuoto ho equivocato un cartello BENVENUTI
IN PADANIA, retto da simpatici ragazzi in camicia verde
(che non erano spazzini) per una promozione del grana
e mi sono messo in fila per l’assaggio.
A dire la verità non ho ancora
afferrato bene il significato di quel cartello.
Che si riferisse a quel diavolo del
Benvenuti di San Martino che veniva alle elementari
con noi e che poi è partito dicendo che casa
sua stava diventando una discarica perchè tutti
quelli che passavano di lì gettavano qualcosa
dal finestrino?
Sta a vedere che è diventato
famoso qua nel Nord e io che non gli ho mai credutoÉ
Come quando sosteneva addirittura che sentiva rumori
notturni simili a quelli di un camion che continuamente
scaricava
qualcosa nel campo di fronte a casa
sua.
Prova a fare un salto a San Martino
per avere sue notizie se hai tempo, se davvero si trova
da queste parti lo vado a cercare, solamente per stare
un po’ in compagnia.
Gli unici che hanno fatto attenzione
alle mie C aspirate sono stati i tassisti, mi hanno
inseguito dappertutto per farmi montare sul loro mezzo,
anche al bagno della stazione.
Bagno della stazione che, per inciso,
è grande come tutta la stazione di Granaiolo,
qua tutte le cose hanno veramente un’altra dimensione.
Ora ti lascio, saluta la mamma e
rispondimi presto, sai, sono così solo qua.
Tuo Beppe.
Lettera n. 2 – I colori
della Valdelsa
Beppe solitario,
ho ricevuto la tua ultima, anzi la
tua unica.
Da quando hai la passione della scrittura?
Devo dire per˜ che mi piace molto l’idea
di una corrispondenza con te.
Il postino mi ha chiesto subito se
ho uno spasimante che mi scrive dal Nord, mi ha fatto
così arrossire, tra l’altro uno spasimante
mi dà l’idea di una persona in debito di
ossigeno, che pu˜ corrispondere alla tua situazione
se è vero quello che dice la mamma sulle dimensioni
del tuo monolocale che hai comunicato per telefono.
Sono stata a San Martino come tu
mi hai chiesto, ma forse ho scelto il giorno sbagliato,
perchè mi hanno scambiata per una delle ragazze
ucraine ospitate dalle suore e mi hanno costretta ad
andare in gita sul Poggio all’Aglione con loro.
Ma sono davvero così pallida di carnagione?
Per˜ lassù mi sono divertita
tantissimo. Sai chi guidava il pulmino? Ti ricordi quell’autista
ai tempi della scuola che faceva le previsioni del tempo
a seconda del colore del cielo dalla parte di Gambassi
e di quello dalla parte di Montespertoli e che spesso
si bloccava
perchè i due colori erano
in contraddizione?
Adesso mi sfugge il nome ma avrai
capito benissimo di chi sto parlando, quello che all’uscita
della scuola faceva la graduatoria delle mamme in attesa
dei figli secondo il principio “ dalle more ritornaci,
le bionde falle soffrire, le rosse arrotaleì
o qualcosa del genere. Se ti viene in mente scrivimelo.
Adesso devo andare, ho un appuntamento
dal
parrucchiere, mi è venuta
voglia di farmi nera.
Tu scrivimi, anche perchè
altrimenti non regge la storia che ho inventato al postino.
Tua Luciana.
Lettera n. 3 – Alberi e desideri
Luciana colorata,
questi primi giorni passati quassù
sono stati molto pesanti: l’aria è grigia,
il colore dei palazzi qui di fronte è grigio
chiaro, la macchina del mio collega Nicola è
antracite, il mio umore è
canna di fucile.
Mi mancano i nostri alberi, i filari
di cipressi di Pancole, l’albero secolare di Montaione
che serve ai Carabinieri per mimetizzarsi, i pioppeti
della Dogana, l’albero di Natale in piazza, un
patrono che si chiami Verdiana, insomma c’è
bisogno di verde da queste parti.
Questa voglia di colore credo proprio
che me l’hai attaccata tu parlando dell’autista
del pulmino, di cui neanche io mi ricordo il nome.
Piuttosto, dovresti controllare le
coltivazioni nel nostro piccolo spicchio di campo nel
Piangrande, ci tengo molto e d’altra parte qua
non posso coltivare niente, hai mai visto nascere qualcosa
dalla terra grigia?
Mi raccomando, vacci tu di persona
senza incaricare persone di fiducia come la tua amica
Maria, quella che raccontava sempre di andare a fare
il trucco alle modelle nelle sfilate di moda e poi scoprimmo
che in realtà andava a fare i calli a Marcialla.
Abbraccia la mamma e spediscimi una
foto dei poponi. Sai, sono così solo qua.
Tuo Beppe.
Lettera n. 4 –
Il Medioevo che è in noi
Beppe arboreo,
ho letto l’ultima tua, che
non è più l’unica, da quando riesci
a scrivere due lettere di seguito?
Il postino continua a credere alla
storia dello spasimante, per˜ non riusciva a capire
perchè al posto della busta hai usato la foto
ripiegata del pino di fronte a casa nostra.
Potrei darti splendide notizie sulle
tue coltivazioni, ma ti parlo più volentieri
della festa medievale che si è tenuta per le
strade del borgo.
Io e le mie amiche eravamo vestite
da damigelle e abbiamo sfilato tra due ali di folla
che applaudiva. E’ stato bellissimo, ti giuro;
l’unica nota stonata è stata il tuo amico
David, quello che chiamavi il “ Ghiandaì
per la forma della sua testa. Con la scusa di avere
addosso uno squallido vestito da paggio mi è
stato
appiccicato addosso per tutta la
giornata.
Lo trovo veramente disgustoso, non
so come ti possa stare tanto simpatico, io gli farei
fare la fine che fanno in genere le ghiandeÉ
Comunque siamo andate talmente bene
che ci hanno proposto di recitare una novella del Boccaccio
in un teatro all’aperto che allestiranno la prossima
settimana nel chiostro del palazzo. Ho letto uno strano
sorriso sulla faccia del tuo amico David quando ci hanno
comunicato questa proposta.
Ora ti lascio, devo andare alle prove.
Ho deciso di
fare una parte maschile, sono troppo
astuta.
Il Ghianda non potrà mai fare
la parte di una damigella, col naso che si ritrova.
Ti abbraccio stretto stretto come
fanno i tuoi pomodori tra di loro.
Tua Luciana.
Lettera n. 5 – Furti e combustibili
Luciana recitante,
la vita qua scorre tra mille difficoltà
quotidiane.
Ieri mattina all’uscita di
casa per andare al lavoro
non ho trovato la macchina nel parcheggio.
Sono entrato di corsa nel bar di
fronte e ho urlato ai presenti che qualcuno doveva essersi
sbagliato a rubarmi la macchina perchè ormai
faccio parte da tempo della popolazione del quartiere.
Un tizio da lontano mi ha chiesto
se stavo parlando
di una macchina rossa targata FI
eccetera.
“ Lo potevi anche dire prima
che era la tua macchinaì mi ha detto il barista
e mi hanno indirizzato da un famigerato faccendiere
per vedere se fosse ancora possibile recuperare il mio
mezzo.
Non ci crederai, alla fine la macchina
l’ho ritrovata, era abbandonata in un piazzale
in pieno centro cittadino, per˜ era senza benzina
e così , a notte fonda, ho dovuto riempire una
piccola tanica di benzina ad un distributore automatico.
Appena il tempo di dirigermi, a piedi,
verso la macchina per fare il rabbocco che mi ha fermato
la polizia e, con l’accusa di preparare una bomba
molotov da scagliare contro un pubblico edificio, senza
tanti discorsi mi hanno portato in questura.
Ma dico io, dalle nostre parti se
io vedessi passare una persona con una tanica in mano
durante la notte non penserai mai ad una molotov, al
limite mi potrebbe venire in mente che: a quel tipo
serve della benzina per il decespugliatore, perchè
la mattina successiva deve tagliare l’erba del
giardino; o che sta ritornando da una cena a casa di
amici con il vino avanzato; o che sta andando alla Fonte
di Campaino a prendere l’acqua perchè a
quell’ora non c’é la fila.
Per fortuna sono riuscito a spiegarmi,
ma ho passato tutta la notte in questura.
Inizio a non poterne più di
questo posto, sento di avere qua le stesse possibilità
di sopravvivenza di un ciclista sulla linea di mezzo
della SS429 nell’ora di
punta. Per di più, sai, mi
sento anche molto solo.
Tuo Beppe.
Lettera n. 6 – Chi va via
perde il posto
Beppe insurrezionale,
sono felice di ricevere la tua ultima
e mi stupisco che tu riesca a scrivere così tante
lettere di seguito, credo di aver perso il conto. Pensa
che prima che tu partissi non avevo neanche mai visto
la tua firma.
Il postino, nonostante abbia smesso
di fare domande, continua a credere alla storia dello
spasimante. L’ho beccato mentre cercava di leggere
in controluce la firma in fondo alla lettera, ma non
pu˜ capire che sei tu a scrivere perchè
pensa che tu non sappia firmare.
Sai che inizia a sentirsi la tua
mancanza qua? Al cinema del paese da quando non ci sono
più le tue richieste sul registro dei film desiderati,
é iniziato un filone di film che finiscono inesorabilmente
bene; la maglia numero otto della squadra del Bar Sport,
che è sempre stata tua, è passata a Puzzolino,
quello che dicevi aveva sempre tutto lo spazio che voleva
negli spogliatoi; la tua bicicletta l’abbiamo
regalata all’arrotino di fronte a casa nostra
perchè ce l’aveva chiesta per realizzare
un nuovo strumento di lavoro,
che gli permettesse di usare le mani
il meno possibile.
Insomma a parte queste lettere non
ci sono più segni della tua esistenza.
Ma io penso già al giorno
in cui ritornerai: organizzer˜ una bella festa,
magari chiedendo allo zio Gino di metterci a disposizione
la casa in campagna, una buona quantità del suo
vino e del suo prosciutto, la sua fisarmonica.
Potrei poi chiedere alla zia di preparare
qualcuna
delle sue favolose torte di cui tu
vai pazzo.
Quindi provvederei a portare entrambi
a conoscenza di una fantomatica gara di ballo liscio
da Tanzino in programma proprio per quella sera.
Potrei inoltre chiedere Mario il
fornaio di inserire un bigliettino di invito alla festa
in ogni filino, con la speranza che non si confonda
con gli altri misteriosi ingredienti che aggiunge di
solito alla pasta: credo che si tratti del sistema paesano
di più ampia diffusione delle informazioni.
Infine giochi sociali, premi e ricchi
cotillons, non mi chiedere che cosa vuol dire ma so
che si dice così .
Che ne pensi? Ma tornerai prima o
poi? Nel dubbio ti saluto in attesa di una prossima
tua.
Tua Luciana.
Lettera n. 7 – Il figliol
prodigo
Luciana festosa,
leggo di una festa già organizzata
per un mio eventuale ritorno.
Sei impietosa: queste parole, unite
alla mia cronica solitudine, hanno fatto crollare tutta
la mia fermezza nel restare lontano da casa.
Vorrei avere la tua serenità
nell’affrontare tutte le situazioni, anche quelle
più difficili.
Mi ricordo della tua capacità
di raccontare barzellette sui carabinieri nei nostri
lunghi viaggi notturni in macchina; della tua capacità
di raccontare barzellette ai carabinieri quando ci fermavano
al posto di blocco; della tua capacità di farsi
raccontare barzellette dai carabinieri per stemperare
l’ira per la multa ricevuta.
Dato che non avr˜ mai la tua
serenità congenita, credo proprio che sia arrivato
il momento di tornare nella mia adorata valle.
Mi sono già informato sull’orario
del treno, arriver˜ giusto per l’ora di cena
e ti autorizzo a preparare ogni sorta di sorpresa ti
venga in mente.
Ti prego per˜ di non venirmi
a prendere alla stazione, voglio fare il pezzo di strada
fino a casa nostra a piedi per salutare tutti quelli
che incontro, avevo perso l’abitudine da un bel
po’ di tempo, perchè quassù
salutarsi è un’abitudine
non molto coltivata.
Adesso inizio a prepararmi per il
viaggio. Dovr˜ portarmi da solo tutte le valigie
fino alla stazione perchè non conosco nessuno
che mi pu˜ dare un passaggio in macchina. Sai,
sono sempre stato solo qua.
Tuo Beppe.
Una piccola considerazione finale.
Se queste lettere finissero in mano a persone che non
sono mai venute in Valdelsa, che cerchino di leggere
tra le righe ci˜ che contraddistingue la nostra
terra e che fa sentire forte la nostalgia a chi è
lontano: la storia, il verde, la campagna e i suoi prodotti,
la tranquillità dei paesi e, non per ultima,
l’allegria delle persone. Devono sapere che noi
non ci sentiamo soli qua.
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